500 sterline e sto! The loneliness of the long distance runner di Tony Richardson

Gioventù, amore e rabbia, o meglio The loneliness of the long distance runner è uno dei capolavori assoluti del Free cinema.

È il manifesto di questo gruppo di giovani e agguerriti registi. Come per Sabato sera e domenica mattina, la produzione è della Woodfall e lo scritto è tratto da Alan Sillitoe.

Un giovane, figlio di un operaio in fin di vita, va in giro con un amico a rubare macchine e a far casino. La sua è una rivolta che lo porta in riformatorio, dove il direttore scopre le sue doti di corridore. Inizialmente il ragazzo sfrutta la cosa a suo vantaggio, ma poi si rivolta anche contro di questo.

500 sterline e sto! Sembra questo il concetto che viene portato avanti dalla madre del protagonista, che morto il marito si rifà una vita col nuovo compagno. Mentre il protagonista, Colin Smith, la vede in modo diverso, si ribella prima contro una società che non sembra dargli spazio o scampo e lo fa attraverso una vita che ribalta totalmente gli insegnamenti familiari. Non c’è in lui la voglia di accumulare, di crearsi il suo posto in un mondo che non lo vuole, vorrebbe solo vivere a modo suo da una parte, ma dall’altra capisce il suo ruolo e non lo accetta.

Nel riformatorio tutto è chiaro, in vista della gara con i collegiali figli di papà, tutto diventa sempre più esplicito. I ragazzi del riformatorio sono destinati ad un non-futuro e Smith è uno dei pochi a capire come stanno le cose, è uno dei pochi a fare un gioco diverso. Nel finale, che si erge ad emblema del Free cinema tutto, viene esplicitata  la rabbia di una generazione e di una classe sociale che non può più sostenere questo stato di cose.

Tony Richardson (che è il motore centrale di questo movimento) al suo secondo film riesce a dipingere perfettamente un personaggio pieno di sfaccettature, che incarna una generazione intera molto più del protagonista di Sabato sera e Domenica mattina; in lui c’è la presa di coscienza e di posizione verso un sistema, rappresentato prima dalla scuola e dai genitori, e poi dal direttore del riformatorio. Il regista riesce in modo mirabile a seguire il protagonista e gli eventi, la telecamera mobile e libera ci regala momenti di poesia: l’iniziale scena, come anche le corse solitarie sono di una bellezza che poche volte si è vista nel cinema inglese. La fotografia è magnetica, come del resto la sceneggiatura. Piani sequenza, piani sbilenchi e flashback rendono il film ancora oggi innovativo e intrigante.

Il film non si esaurisce nella sua protesta sociale, ma è strepitoso anche come romanzo di formazione di un giovane figlio di operai nell’Inghilterra ancora totalmente in mano alla borghesia, dove le classi sociali vivevano agli antipodi. E allora al ragazzo non rimane che la ribellione verso tutti, lui è il figlio di quei giovani Arrabbiati (del primo film di Richardson), alla lontana dei personaggi anni 50 di Marlon Brando e James Dean, ma soprattutto è il padre e personaggio cardine di tutto il “Free cinema”, che culminerà in If di Anderson, con la ribellione che diventa violenza.

Il film si innalza a manifesto di un movimento formato da un  gruppo di neo-realisti che va contro lo stato di cose, politico e sociale, che ad inizio anni 60 si faceva via-via più stringente e intollerabile. Prima della stessa Nouvelle vague, il “Free cinema” ha mostrato l’inizio e il culmine di una ribellione che diventerà da una parte epocale ( il ’68) e dall’altra un aborto di ideologie.

Il film riesce ancora oggi, a distanza di più di cinquant’anni, a mostrarci con poesia e potenza visiva, un passaggio importante della storia europea.

Di Matteo Bonanni

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