Accident di Joseph Losey (1967)

Di Matteo Bonanni

La storia del cinema è fatta, anche, di sodalizi e allora Accident ci mette di fronte a due sodalizi importantissimi per la storia del cinema: Losey-Pinter e Losey-Bogarde.

La trama in breve:

Un professore quarantenne sente il rumore stridente di una macchina che si schianta provenire da fuori casa sua, uscendo trova due suoi allievi nella macchina. Con un lungo flashback, il film ci racconta i rapporti tra questi tre personaggi e un secondo professore universitario. La ragazza è al centro delle attenzioni dei tre uomini, i due più adulti si comporteranno uno peggio dell’altro…

Pinter e Losey, Losey e Pinter, ci avevano donato pochi anni prima uno dei film più importanti della storia del cinema britannico, quel “The Servant” che come pochi è riuscito a trasferire il teatro al cinema, e grazie alla bravura di Losey nel trasformare l’opera teatrale in un pezzo di cinema unico, capace di mostrare e scardinare le logiche della borghesia di inizio anni ‘60. Qui al centro della storia c’è ancora la borghesia, stanca, noiosa e un po’ squallida. Poi c’è Bogarde al quinto ed ultimo film girato per Losey ed è un fattore che va sottolineato, perché è anche grazie a lui se il personaggio principale riesce ad essere così fastidioso, misero e brutto.

Ma dov’è il “Free cinema”?

Siamo nel 1967 e il movimento ormai si è affievolito, se non quasi disciolto, come abbiamo già detto in precedenza è con “The Knack… and how get it ” che il movimento cinematografico più politico d’Europa ha iniziato a ragionare in modo diverso sulla società dei consumi. Richardson e Reisz hanno perso via-via vigore nel saper raccontare il momento storico e solo Anderson e poi Ken Loach hanno continuato a vedere il cinema e la politica in un certo modo e sempre dalla parte dei più deboli.

Losey, di origini americane, ma ormai da anni inglese di adozione (come Richard Lester, del resto) è un caso a parte, è il regista dell’analisi borghese, quasi quanto Buñuel. Ma è un regista discontinuo, che si è imbarcato spesso in produzioni bislacche come il film dell’anno prima “Modesty Blaise”; entra ed esce dai generi e li interpreta a modo suo. Il suo stile, fatto di piani lunghi e piani sequenza riesce in questo film dalla forma circolare a mostrarci l’Inghilterra borghese al suo peggio.

Il Free cinema dei e per i giovani è qui ri-interpretato da Losey attraverso la figura di questo giovane  che deve soccombere contro la cattiveria, l’avidità delle due squallide figure che sono i professori. I giovani del film sono ricchi e belli e non sono i proletari dei primi film del movimento, ma Losey e Pinter nel loro dramma dalle forti tinte sessuali, riescono a dipingere al meglio un quartetto di individui che hanno poco spessore morale e umano, come dimostra il finale.  I due professori sono preda di una brama di successo, che sia economico o sessuale non conta, e il giovane né farà le spese, ritrovandosi in mezzo a questo gioco violento.

Losey è grande nel saper mostrare quei momenti che precedono degli atti di umana bruttezza, ci gira attorno, li scarta a poco a poco come si fa con un regalo, e poi ce li mostra.

Come spesso nei suoi film, i personaggi maschili sono meschini, abietti, insulsi e violenti. Ed è nei momenti sportivi o sociali (come la festa a casa del ragazzo), che ci sono tra il ragazzo e il professore, quei momenti di machismo fine a sè stesso che sono così fondamentali nella nostra civiltà occidentale.

C’è poi il destino, l’individuo che può poco contro la società, che può poco contro la cattiveria; l’accidentalità di un incidente che è destinato a ripetersi e ripetersi come ci mostra il finale.

Come detto in precedenza, senza Bogarde e le sue espressioni il film non avrebbe la malizia e non disturberebbe come riesce a fare, ancora oggi. Nei suoi sguardi, nei movimenti, nel suo modo di parlare c’è sempre qualcosa di più, che riesce ad andare oltre una storia singola e abbracciare un momento e un periodo.

Bogarde negli anni ‘60 ha rappresentato il cinema inglese ed europeo, almeno quanto Losey, che anche in questo film ci dà un saggio di grandezza registica. Con quel piano sequenza iniziale di sublime bellezza, con i suoi personaggi fuori-campo e le sue inquadrature riesce a rendere al meglio una storia che entra ed esce dai canoni del “Free cinema” per abbracciare il cinema d’autore tout court e diventare una parabola di un periodo storico e della bruttezza umana.

 

 

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