Die Frau Des Polizisten (2013) di Philip Gröning

Nel 2013 la Mostra internazionale d’Arte Cinematografica compie 70 anni e la giuria è presieduta da Bernardo Bertolucci. Viene creato il Premio speciale della giuria, che si affianca ai Leoni d’Argento per la migliore regia e per il Gran Premio della giuria. Per distinguere questo premio dagli altri, la statuetta consegnata al vincitore consiste in un Leone di metallo non prezioso. La dicitura Premio Speciale della giuria, aggiunta dunque a Gran Premio della giuria, vuole seguire la titolazione dei premi assegnati a Cannes, ovvero Grand Prix e Prix du Jury. Il film particolarmente apprezzato dai membri della giuria internazionale è Die Frau Des Polizisten del regista e sceneggiatore tedesco Philip Gröning.

Otto anni prima Gröning si era presentato all’attenzione dei critici con il bellissimo documentario Die Große Stille sulla vita del monastero Grande Chartreuse, arrampicato sulle alpi francesi. È proprio il silenzio il protagonista anche del film Die Frau Des Polizisten: questa volta però non porta all’astrazione e alla comunione ma scava solchi nella violenza.

Siamo in una casetta di periferia dove vive il poliziotto Uwe (David Zimmerschied) e la moglie Christine (Alezandra Finder) che si dedica totalmente alla figlia di 4 anni di nome Clara. I capitoli del film (saranno 59) si susseguono uno dopo l’altro, in maniera direi brechtiana, componendo un quadro di vita quotidiana dove però, in modo prima quasi invisibile ad occhi attenti e poi con folgorazioni, si insinua il tema della violenza familiare. L’amore totalizzante di una madre verso la figlia è l’ancora di salvezza ad una situazione di disagio ma presto appare vividamente come la concausa al conflitto tra marito e moglie. Ogni sforzo è teso a far rimanere fuori la bambina dal male, ma naturalmente tutto sarà vano. Le fiabe de La bella addormentata, il piccolo giardino ritagliato da uno stretto terrazzo, i personaggi reali/inventati della volpe e dell’orso, i mantra della bella giornata: tutto a poco a poco parlerà di un mondo profanato.

La capacità ed abilità di Philip Gröning sta nel registrare alla stregua di un fine documentarista la vita claustrofobica dei tre protagonisti, rimanendo distaccato e senza giungere a conclusioni di natura psicologica, morale o sociale. L’esterno appare spesso nel film, ma la natura, le foreste, gli alberi, gli animali e le persone (per lo più colleghi di polizia, visto che lei è sempre a casa) continuano la loro vita, senza poter scalfire il destino di questa famiglia normale. Oltre al montaggio, il modo di girare del regista tedesco è costituito da campi e controcampi, con un uso continuo del primo piano. Quando poi la violenza non è più fuori campo, l’uso della camera a mano rende più partecipe lo spettatore degli scatti e dei sussulti violenti. Le riprese frontali sembrano quasi rompere l’oggettività documentaristica di Die Frau Des Polizisten e voler chiamare in causa lo spettatore. Il torpore della quotidianità è interrotto anche dall’entrata in scena in alcuni capitoli di un uomo anziano, ripreso per lo più in faccende domestiche e in un ambiente dominato dalla neve. Il mistero che avvolge questo personaggio (Gröning dirà di lui che è “una sorta di Tiresia veggente che sa e che racconta”), unito al tema del doppio per la consapevolezza che le gemelline Pia e Chiara Kleemann danno il volto alla piccola Clara, aggiunge al film spunti di riflessione.

Il vero fulcro di Die Frau Des Polizisten è la potenza delle immagini e la loro capacità di narrare una progressione laddove apparentemente c’è stagnazione. La quotidianità, fatta di vestizioni e rituali, si mostra ineluttabilmente come una maschera che la macchina da presa lacera ogni capitolo sempre più, mettendo a nudo una realtà fatta di corpi pieni di lividi e di vasche la cui acqua non può pulire le offese o coprire il fetore della violenza subita. I fiori o il silenzio dunque non bastano più a scongiurare la distruzione o l’annullamento.

Dopo l’assegnazione nel 2013 a questo film del premio speciale della giuria, si sono succeduti due film turchi (Silvas e Abluka), lo statunitense The Bad Batch e gli australiani Sweet Country e nel 2018 The Nightingale. Vediamo cosa accadrà quest’anno.

 

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