Il colpo del cane (2019) di Fulvio Risuleo

Che sorpresa piacevole Il colpo del cane, secondo lungometraggio di Fulvio Risuleo! Dopo l’esordio di Guarda in alto! (senza parlare dei corti Lievito madre e Varicella premiati a Cannes), ancora una volta è protagonista la città di Roma. Non certo quella usuale, da cartolina. Se nel primo film era vista dall’alto dei tetti, ne Il colpo del cane è il paesaggio western della Torre Righetti ad essere al centro dell’intreccio narrativo. Proprio l’ormai abbandonato casino di caccia costruito nell’Ottocento, dal quale ora si vedono l’Eur, San Paolo e San Giovanni, esattamente quei prati nei quali Totò e Davoli correvano nel film Uccellacci e uccellini, sono lo spazio dove tre emarginati sociali vivono il loro momento “criminale” da vittima e carnefice allo stesso tempo. Il centro di Roma appare distante e l’unico aggancio rimane Piazza Vittorio in tutta la sua magia esclusiva.

Lo spazio è dunque centrale, come del resto già Risuleo aveva fatto in qualità di studente del Centro Sperimentale in Reportage Bizarre, con la Parigi più nascosta ed oscura. Il tenore del film invece è quello della commedia popolare, intrisa di disagi esistenziali, lavorativi e di emarginazione. Il merito principale del regista è di sfuggire ai clichés ghettizzanti del genere e degli spazi angusti grazie a due armi, ben miscelate ed intelligenti. Risuleo anima il film di tinte fumettistiche, con personaggi-cartoni che possono quindi prendersi libertà di azione altrimenti inconcepibili ad un discorso meramente razionalistico. In più, a movimentare il film, realizza dal punto di vista narrativo una storia ad incastro che moltiplica i punti di vista e complica in senso positivo la vicenda.

Solo in un contesto fiabesco-fumettistico ha senso il dialogo tra un pappagallo ed un bulldog francese (fulcro della vicenda), un black-out gioioso-apocalittico, un rapporto omosessuale, un amore con una vicina inaffidabile da dimenticare, delle banconote da cento euro da asciugare o un inseguimento con tanto di macchina elettrica, musica tecno ed incidente misterioso, tra pecore, sassi e cane. La libertà che consegue a questa scelta rende il film più leggero e affrancato da tutti quegli obblighi che i generi portano con sé.

Solamente il gioco ad incastri innestato nel plot de Il colpo del cane, realizzato ad ingranaggi, dove la storia si ferma a metà, per tornare su se stessa e ripartire con nuovi punti di vista, permette a Risuleo di avere un respiro più lungo ed ampio, riuscendo a popolare l’immediatezza tipica del cortometraggio con discorsi cinematografici compiuti e maturi. Ogni elemento apparentemente insignificante avrà così una valenza narrativa che vedrà i suoi frutti nel proseguo della vicenda.

Il doppio Orazio/Dr Mopsi (uno splendido Edoardo Pesce), Rana (Silvia D’Amico) e Marti (Daphne Scoccia) sono i tre protagonisti di una vicenda dove un’impreparata dogsitter si trova truffata da un altrettanto impreparato truffatore ed aiutata da un’intraprendente amica, con la quale scoprire l’identità segreta di un colpo del destino che ha i tutti i connotati per essere “cinico e baro”. Il futuro, per antonomasia indecifrabile, poteva nella Roma classica, apparentemente così distante da quella odierna e periferica de Il colpo del cane, essere letto con il lancio di tre dadi. Se nella combinazione più sfigata si realizzava il triplo 1, si parlava appunto del colpo del cane, ovvero della congiuntura astrale più catastrofica che potesse accadere. Risuleo dà a questa leggenda classica una consistenza reale, addirittura mettendo in scena un reale bulldog francese di nome Ugo, appetibile nel mercato nero dei cani e facendolo non solo il fulcro del film, ma dandogli voce come punto di vista finale dell’intreccio narrativo. È l’ennesimo gioco che rende il film fresco, appagante per lo spettatore anche grazie al tessuto musicale e divertente pur nella sua riflessione sociale. Senz’altro un film da vedere.

DI Marco Chieffa

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