Il Segno della Legge (1957) di Anthony Mann

La trama in breve:

Un ex sceriffo divenuto cacciatore di taglie, capita in un paesino del West dove gli tocca far da maestro e protettore a uno sceriffo novellino. Di aiuto il giovanotto ne ha bisogno: prima uccidono il dottore del villaggio e bisogna catturare gli assassini, poi, una volta presi i responsabili, tocca difenderli dalla folla che invoca il linciaggio.

Il 1955 ha configurato una cesura, parziale, nel cinema di Anthony Mann; la fine un periodo importante, di un sodalizio unico nella storia del cinema.

Due anni dopo, con un film molto classico, semplice, ma assolutamente non trascurabile, in cui il personaggio Henry Fonda è un ex sceriffo disilluso, sconfitto dalla vita, dalla sua bruttura, è in parte la prosecuzione dei ruoli di James Stewart, anche se non ha quella forza, quell’impatto anche visivo, è un altro genere di eroe, seppur sofferto.

È un eroe che anticipa il crepuscolo del Western, ormai alle porte, e si pone come padre per il giovane sceriffo, ancora una volta un legame padre-figlio, una figura “paterna” importante; in tutti i western di Mann, vi è una figura paterna che cerca di plasmare, spesso di riportare all’ordine, il protagonista, in questo caso, la figura paterna è alla base del processo di formazione del giovane sceriffo. La figura paterna sarà poi smembrata nell’ultimo, bellissimo, western del regista: Dove la Terra scotta (Man of the West).

All’inizio del film c’è una scena imponente, “maniana” fino al midollo: Fonda, trasformatosi in bounty killer, arriva nella cittadina, che Mann ci mostra a poco a poco, tutti lo osservano, porta con sé un corpo di un bandito morto ed esige la taglia; tutti lo guardano schifati, tutti gli eminenti uomini che a fine film vorranno linciare i due “cattivi”. Questa scena ci mostra l’idea di Mann del West e del Western, di un luogo contrastato tra furore e violenza, in un Paese pieno di odio, verso gli indiani, verso i diversi, in un Paese in cui anche gli sceriffi, o soprattutto loro, sono in pericolo, in cui la legge non conta molto, non può contare molto, perché usurpata, perché soggiogata dal potere economico; si pensi ai personaggi di Terra lontana (The Far Country) e L’uomo di Laramie (The Man from Laramie).

Se vogliamo, nel finale, la situazione che si configura è la stessa di quella di Mezzogiorno di fuoco (High Noon), solo che qui c’è un padre-sceriffo a proteggere il giovane sceriffo. Dopo l’inizio folgorante, il film si distende su toni meno impegnati e riflessivi del solito, la critica all’America dell’epoca al potere del denaro, all’inizio della deriva capitalista, viene lasciata in disparte, del resto lo script non è passato per le mani degli sceneggiatori, che hanno aiutato il cinema di Mann ad essere così grande ed importante, Borden Chase da una parte e Philip Yordan dall’altra.

Fonda-Perkins formano un’ottima coppia, seguendo un percorso evolutivo che è quello di molti altri film in cui si configura una coppia padre-figlio/maestro-allievo, il percorso invece del personaggio di Fonda è comprensibile ed adeguato, ma meno rancoroso, meno rabbioso, dolente di quello dei personaggi interpretati da Stewart.

Un ottimo film, visivamente eccellente, Mann torna al bianco e nero, abbandonato nel 1950, e lo fa con grande cura; riesce parzialmente a delineare un realismo storico verso il vecchio west, iniziando da quel piano sequenza che mostra i luoghi cardine della cittadina del west e Wgli spazi del nuovo mondo che sta cambiando, ponendosi infine su altri binari, più romanzati, che ci conducono comunque all’ottimo finale.

Precedente I sette assassini (1956) di Budd Boetticher Successivo The last black man in San Francisco (2019) di Joe Talbot