John Wick: Chapter 3 – Parabellum (2019) di Chad Stahelski

John Wick: Chapter 3 – Parabellum comincia ex abrupto e senza preamboli, esattamente laddove finisce il secondo film. Sono le 17:07 e quindi manca poco alle 18, ora in cui John Wick sarà scomunicato per la grave colpa di aver ucciso all’interno dell’Hotel Continental, luogo sacro per la Gran Tavola. Da quel momento la caccia comincerà e tutti gli assassini potranno scatenarsi per riscuotere la taglia di 14 milioni di dollari che pende sulla sua testa. Anzi il primo dei tanti scontri si verifica prima delle 18, contro il cestista serbo Boban Marjanović, all’interno della New York Public Library, a colpi di piedi, mani ma soprattutto di un antico e pesante tomo di fiabe russe.

Gli scontri si moltiplicheranno, estremi come durata e intensità rispetto ai film precedenti, facendo pensare che la narrazione sia meramente un collante tra una scena d’azione e l’altra. John Wick (interpretato da Keanu Reeves) è ammaccato e apparentemente stanco, concentrato nel portare a casa la propria pelle. In realtà, prima casualmente e poi simbolicamente, si disseminano piccoli indizi sul suo passato che man mano danno sostanza alle azioni di uno splendido e problematico Baba Yaga (nell’accezione di “uomo nero” più che di strega della mitologia slava).

Nella storia si insinuano delle regole e dei precetti che sovrastano e condizionano ogni singola azione, a tal punto che le conseguenze mortali per chi le viola sono paradossalmente (ma invece consoni agli ambienti “mafiosi”) più forti ed ineluttabili della fedeltà ai giuramenti ed alle amicizie. La Gran Tavola è un grande fratello che colpisce spietatamente anche chi aiuta il condannato ed il reietto, anche a costo di contraddirsi. In questo territorio cinematografico da Hong Kong-fine Novecento, il maturo Wick-Reeves non solo deve essere una macchina da guerra imbattibile ma anche un incassatore instancabile che solo la benzina dell’amore e della rabbia può fare andare avanti.

Il regista non poteva che essere un ex stuntman esperto di arti marziali come Chad Stahelski, che esordisce alla regia proprio con questa trilogia, che il 21 maggio 2021 avrà il suo quarto capitolo. È proprio Stahelski che aveva fatto lo stuntman nel 1999 come controfigura dello stesso Keanu Reeves sul set di Matrix. Del resto l’imperativo di John Wick prima dello scontro finale “Guns, lots of guns” (“armi, molte armi”) è lo stesso pronunciato da Keanu Reeves in Matrix stesso.

Grazie al soggetto e alla sceneggiatura di Derek Kolstad, John Wick 3 svela una mitologia raffinata e divertente, dove assassini e criminali internazionali sono spietati in tutti i luoghi, tranne quando mettono da parte gli affari nella catena alberghiera privata “Continental”.

Il primo “santuario” è il vecchio teatro diretto dal regista russo “The director” con la collaborazione della “Ruska Roma” Anjelica Huston. Qui apprendiamo che Wick in realtà si chiama Jardani ed è un orfano bielorusso le cui arti oscure provengono dalla dura formazione del balletto e del wrestling, con ballerini soggetti a prove interminabili anche a costo di ferite ed unghie spezzate ed atleti lungamente sbattuti a terra. L’altro luogo mitologico è Casablanca, con l’incontro della vecchia collega Sophia (una splendida Halle Berry), che lo porta di fronte ad una autorità italiana (il Jerome Flynn de Il trono spade), poi nel Sahara davanti ad una personalità della Gran Tavola (il Saïd Tagmaoui di Wonder Woman): al centro la coppia Reeves- Berry aiutata da due cani con sparatoie e duelli à gogo. Infine il ritorno a New York dove una elegante e gelida Giudicatrice della Gran Tavola (Asia Kate Dillon) vuole punire il manager del Continental di nome Winston (Ian McShane) e il leader del mondo sotterraneo re Bowery (Laurence Fishburne), rei di aver aiutato Wick. L’arma della Giudicatrice è il divertente assassino Zero (Mark Dascos) che aspira ad essere come John Wick, ma non potrà mai raggiungerlo per il semplice fatto che gli manca il requisito più importante di un combattente: la rabbia per un sopruso subito.

Al centro naturalmente le sequenze d’azione, che strappano ammirazione per l’esercizio fisico e meraviglia per i contesti fantasiosi: un museo di armi con un corridoio di vetrine zeppe di coltelli e armi da fuoco, una scuderia con cavalli-armi esplosivi e divertenti, un inseguimento in motocicletta con combattimenti mozzafiato all’arma bianca, un labirinto di vetro scintillante dove ingaggiare duelli a mano, a pistola e a spada con i due uomini di Zero, indonesiani esperti di arti marziali.

Dal punto di vista tecnico, il direttore della fotografia Dan Laustsen (ricordiamo The shape of water) e lo scenografo Kevin Kavanaugh (lo stesso di Sicario: day of the soldado) creano una serie di immagini dalla sfavillante lucentezza, in particolare quando ci troviamo nel Continental, eterno rifugio dopo luoghi esotici, ambiente familiare e splendido, brulicante di tradimenti e colpi di scena.

John Wick: Chapter 3 – Parabellum è soprattutto un film d’azione che non si basa su un elemento fantascientifico o fantasy ma è un “franchise” cinematografico che fa affidamento esclusivamente su un uomo ed una pistola. John Wick nei primi due film era un assassino in pensione che, come in un western o samurai movies, ora torna a scontrarsi con un’alta gerarchia di assassini dalle regole ferree, per un ultimo lavoro di vendetta a causa di un cucciolo di cane. Di solito il sequel vede il protagonista fare la stessa cosa su una scala più grande o in una posizione diversa. Rambo III (figura a cui il film rimanda quando John Wick si ricuce da solo una ferita) ad esempio, portò John Rambo (Sylvester Stallone) fuori dalle giungle del Vietnam e nei deserti dell’Afghanistan; oppure Die Hard 2 ha preso John McClane (Bruce Willis) da un grattacielo e lo ha portato in un aeroporto. John Wick 3 si discosta dalla norma, la narrazione torna indietro verso il punto da cui siamo partiti, anche se con più esplosioni e un numero maggiore di morti. In definitiva, questo personaggio cambia molto poco, aggiungendo un po ‘più di rughe e cicatrici, ma rimanendo sempre costante nei propri atteggiamenti.

L’elemento caratterizzante è invece la maggiore enfasi posta sulla rappresentazione della Gran Tavola e sulle sue regole mafiose. Si mantengono le promesse disseminate nei primi due film, portando Wick-Reeves tra un duello e l’altro in un viaggio spirituale, direi dantesco per le tante tentazioni diaboliche che deve superare. E lo fa in maniera originale dentro una realtà immersa in una estetica retrò, con tanto di cellulari anni Novanta, abiti classici stile anni Trenta, ragazze pin-up tatuate anni Cinquanta: il mondo di John Wick 3 è un misto di hipster e gentleman del passato. Ed ha il volto di un Keanu Reeves più fluido e più rapido di prima.

Di Marco Chieffa

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