“Machuca” (Cile, 2004) di Andrès Wood

Al suo quinto film il regista cileno Andres Wood porta sul grande schermo uno dei passaggi più dolorosi della storia del Cile: la fine del governo di Allende e la presa del potere del generale Pinochet. Pedro Machuca è un bambino povero che insieme ad altri viene inserito nel contesto di un istituto per ricchi, guidato da un prete dalle idee particolari. Fa amicizia con Ponzalo Infante, un bambino che viene da una ricca ma particolare famiglia. I due diventano amici e condividono esperienze di crescita, ma soprattutto a poco a poco comprendono le loro differenze sociali, mentre nel paese monta un odio profondo tra i sostenitori di Allende e chi non vuole più il marxismo.

Il colpo di stato visto con gli occhi di bambino? Non solo questo, il film è strepitoso nel restituire un clima, un tempo storico, attraverso i dettagli. Le scarpe, il cibo, i bagni, le bandierine, ma soprattutto le facce dei bambini, ma anche degli adulti, descritti con sofferenza e arroganza, al tempo stesso. È sempre nei dettagli che i due bambini si dividono: nei dettagli di un Cile dove monta sempre di più l’odio, dove i Momios non vogliono più sottostare al volere degli Upelientos (saliti alla ribalta grazie alla social-democrazia di Allende) e sono pronti con la forza a riprendersi il loro ruolo dominante. Ecco, è nelle manifestazioni dei vari schieramenti, nelle passeggiate e nelle parole dei co-protagonisti, è lì che si trova quel fervore, quel momento definitivo, che è l’inizio della fine, il viatico verso l’orrore della violenza più bieca.

La regia è solida e spesso sceglie la via documentaristica e le immagini sgranate, puntando anche molto sugli sguardi di questi bambini che non possono nulla contro la storia, contro l’orrore della spinta suprematistica. È importante in questo senso, visto come metafora, quello che succede nell’istituto, dove tra i giovani ricchi e il povero Muchaca non può esserci che odio. E allora il suo rapporto con Infante è speciale, unico e di grande accrescimento per tutti e due. Entrambi conoscono i primi baci, le umiliazioni sociali, le bravate e le corse in bici.

Wood riesce in fase di sceneggiatura a rendere nel modo migliore la divisione ormai logorante tra le due opposte fazioni, di cui abbiamo detto nell’introduzione a questo approfondimento. Lo fa con lo sguardo da adulto, ma attraverso gli occhi dei bambini e allora, quando arriva la violenza, è ancora più forte, implacabile e crudele, come dimostra il finale. Se in Missing si puntava lo sguardo sull’ingerenza americana rispetto all’ascesa di Pinochet, attraverso l’indignazione più profonda ma anche lucida, qui si vede, prima in lontananza e poi sempre più vicino, l’odio che cresce, viene fomentato da fatti e parole; si erge a simbolo di questo discorso la scena in chiesa, dove lo scontro tra le due fazioni, ricchi e poveri, diventa sempre più divisivo. Le logiche tipiche di molte dittature, vengono riproposte anche per quella cilena, dove oltre alla spinta (per motivi economici) degli Stati Uniti, c’è una forte volontà da parte della classe borghese di sovvertire un voto per loro inaccettabile. In tutto ciò, è strano come sia un prete americano ad ergersi a uomo dalle idee socialiste e, se vogliamo, è lui stesso una metafora di Allende nel bene e nel male, nei successi e negli insuccessi. Questo splendido Machuca è uno dei pochi film che è riuscito, attraverso un romanzo di formazione, a rendere lo sconvolgimento di quel 1973. Tra immagini documentaristiche, immagini tv storiche, musiche anni 70, emozioni, corse e primi amori, il film traghetta i due bambini, così diversi ma così simili, verso il loro futuro che poi è il futuro del paese e allora il prete-Allende non potrà più nulla contro la dittatura del generale.

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