Si comincia da un proprietario terriero che fin dagli anni ’20 costruisce con fatica e sudore una propria hacienda, partendo dal nulla se non dal duro lavoro in miniera. Un giovane rivoluzionario si innamora della figlia del proprietario terriero e cerca di sollevare i contadini che lavorano nell’hacienda attraverso l’arma della rivoluzione e degli scioperi. Da una parte il momio dalla mascella volitiva, che passa su tutto e tutti pur di emergere, fare ricchezza e conquistare prestigio politico. Dall’altra l’affascinante bracciante che porta la sua freschezza e idee nuove al mondo che vuole cambiare. Si odiano e non appena si scorgono in lontananza l’uno imbraccia il fucile, l’altro scappa a cavallo dileggiando il padrone affamatore.
Lo scontro ha quindi origine prima delle elezioni del 1970 che danno il potere a Salvador Allende, con l’appoggio dell’Unidad Popular. Il rame è nazionalizzato ma la crisi economica è incessante e lo scontro tra upelientos e momios raggiunge i livelli del terrorismo. Allende credeva in una rivoluzione democratica ma perde così l’appoggio del Partito Socialista che crede in un sollevamento popolare armato.
Durante questo periodo il bracciante è diventato un insegnante di un prestigioso collegio, nella cui classe convivono un ragazzo di 11 anni proveniente da una famiglia alto borghese e un suo coetaneo che vive con la sorella e la mamma in una bidonville fuori città. La loro amicizia che diventerà sincera e innocente, è inizialmente impossibile da instaurare per il divario sociale, ingigantito dal mondo dei “grandi” con le loro illogiche discipline e granitiche certezze, in contrasto con l’intensa gioia di vivere. Il modo di vestire dei ragazzi nel collegio, giacca e cravatta per i momios contro il maglione per gli upelientos, sottolinea le differenze. Che rimangono tali anche quando i ragazzi sono in costume nella piscina comune. Non è il colore blu quello che distingue democraticamente chi entra nell’acqua ed espelle la propria pipì e chi rispetta gli altri. É invece la recriminazione dei ragazzi ricchi che non vogliono che entrino quelli poveri perché colorerebbero del nero della loro sporcizia, il colore che li distingue. Fortunatamente il preside li riprende, in questo microcosmo di un Cile che fuori dalle mura della scuola sta cambiando.
L’11 settembre del 1973 le forze armate cilene guidate dal comandante Pinochet effettuano un colpo di Stato che porta l’anno dopo alla nomina dello stesso Pinochet a Capo Supremo della Nazione, e durerà fino al 1990.
L’insegnante in seguito diventa un pacifico professore di matematica, relegato in un’isola meridionale del Cile per aver firmato una protesta pubblica sul rapimento e la scomparsa di un suo collega. In questo luogo sperduto conosce delle persone strane, abituate alla solitudine e ai margini della società. Trova così nuovi valori, veri e potenti, che potrà immettere quando tornerà nel Cile ufficiale, quello dove nel frattempo sta crollando tutto, forse anche la dittatura. Un corso d’acqua impossibile da attraversare lo divide da suo figlio e dalla sua ex moglie. Il suo orgoglio e senso di giustizia lo hanno portato all’esilio: è troppo upeliento per avere una vita borghese. La moglie e il figlio volevano qualcosa di più da lui ma non hanno potuto averlo: sono troppo momios per accettare dei principi che non danno soldi ogni mese. Devono separarsi perché il tempo della visita è scaduto. Da lontano rimane solo una canzone da sussurrare insieme al figlio, unico legame con il mondo ufficiale.
Il figlio nel frattempo è cresciuto ed è diventato un giornalista free-lance che viene arrestato dai militari e di cui si perdono le tracce. Sarà compito del padre ripercorrere gli ultimi passi della sua vita. Lo ritrova cadavere nei sotterranei dell’ Estadio Nacional de Chile. Le stanze sotterranee dell’ospedale sono “adibite” ad obitorio. Attraverso di esse il padre si muove in un tappeto infinito di corpi martoriati. La distinzione non è più tra momios ed upelientos ma, come dice un dottore con disinvolta “naturalezza”, tra quali siano stati identificati e quali no.
I morti in Cile aumentano in maniera vertiginosa e naturalmente anche gli obitori ufficiali delle città ne sono circondati. Il dottore è ora un impiegato che si occupa di trascrivere le autopsie nell’obitorio. Lui riesce a sopravvivere alla vista dei cadaveri, che affollano le sale, i corridoi e le scalinate, perché nel cortile di casa custodisce un segreto. C’è la ragazza amata, ex ballerina, che si nasconde perché ha partecipato alle lotte contro il regime, e le porta il cibo e le sigarette. L’impiegato apparentemente è insensibile, senza morale, sempre nell’ombra rispetto a quanto gli succede intorno. Non gli interessa certo cosa fanno i momios e gli upelientos; i loro contrasti non riescono a penetrare la bolla in cui si nasconde, piena di egoismi e piaceri privati. Eppure quando scopre che uno dei soliti corpi portati in obitorio dà segni di vita, fa il possibile per salvarlo. È una luce che inizia ad animarlo. Non lo porta certo ad essere eroe ma lo salva dall’essere abietto e complice dei carnefici. Milioni di momios e upelientos sono stati uniti per troppo tempo nella loro viltà. È ora tempo di essere uniti contro le barbarie.
La dittatura si è conclusa il 14 dicembre del 1989 con nuove elezioni presidenziali e l’11 marzo 1990 con l’elezione di un nuovo presidente della repubblica. Un avvocato fa parte della commissione per le indagini sui crimini avvenuti nel paese a seguito del colpo di Stato. All’improvviso assiste all’incontro tra la propria moglie, vittima nel passato di soprusi e torture da un carceriere aguzzino del regime militare, e appunto il suo carnefice. Lo scontro è duro e, nella casa dei coniugi, la moglie fiaccata nello spirito, riesce a legare l’uomo, ferendolo e mettendolo di fronte alle sue colpe. Il marito sembra assurgere al ruolo della democrazia che non riesce a legalizzare lo scontro tra momios e upelientos, a regolare e dare istituzioni certe. Alla fine non riesce a “giudicare” il presunto carnefice e, sull’orlo del precipizio della scogliera, non lo scaraventa giù, ma lo fa andare via libero e senza giudizio.
Il momio e l’upeliento non riescono più a scorgersi in maniera netta: le due immagini si sovrappongono l’una sull’altra. A complicare il tutto, nemmeno chi li deve giudicare si comprende bene chi sia veramente.