Peterloo (2018) di Mike Leigh : un massacro preannunciato e di estrema attualità

A quattro anni dall’acclamato Mr. Turner, Mike Leigh torna con un altro film storico. Questa volta palesa con uno stile più diretto, il suo essere socialista, mostrandoci gli avvenimenti che portarono il popolo di Manchester, in Inghilterra, a manifestare nel 1819 per i propri diritti, manifestazione che deraglierà nei sanguinari disordini ricordati come “massacro di Peterloo”.

La trama in breve:

Tornato nella sua casa di Manchester, dopo aver preso parte alla battaglia di Waterloo, un giovane soldato vive nuovamente gli stenti e la miseria. Una serie di personaggi del posto sono i capifila di un fervente movimento che vuole il suffragio universale e salari più alti; mentre i politici, la monarchia e i proprietari terrieri vogliono bloccare il cambiamento. A Manchester, il 16 agosto 1819, si riuniscono in sessanta mila per ottenere i suddetti diritti, la guardia nazione li disperde provocando quindici morti e centinaia di feriti.

Affrontare un fatto storico non è mai un esercizio semplice per un’artista, qui ci troviamo di fronte ad uno dei registi più importanti degli ultimi trent’anni di cinema, sicuramente il più rappresentativo dell’Inghilterra post Free cinema insieme a Ken Loach. Mike Leigh fa parte di un circolo esclusivo di registi che procede con tempistiche personali e non segue le dinamiche del mercato, regalandoci così, ogni quattro anni, film pieni di valore, spunti, analisi lucide sul clima e sugli umori del momento; con Peterloo, presentato alla Settantacinquesima Mostra del Cinema di Venezia, decide di abbracciare un registro più epico e realizza il suo film dal respiro più ampio.

Leigh questa volta sceglie di essere manicheo, aspetto che non ha mai contraddistinto il suo cinema, ma lo fa per arrivare al cuore delle persone, colpendole. La premessa del film è il film stesso, perché nelle due ore che precedono il suddetto massacro, che ha comunque grande forza e vigore, sia visivamente che moralmente, c’è il pensiero del popolo che, nel 1819 come nel 2019, reclama i suoi diritti.

E allora le storie corali di questi artigiani, operai, di questi uomini e donne, ci colpiscono ancora di più, anche grazie ad una buona regia che è sempre a servizio del testo. Leigh sceglie un’unica chiave di lettura che parte dai cambiamenti epocali della Rivoluzione francese, prosegue con la battaglia di Waterloo, per arrivare alla manifestazione avvenuta in St. Peter’s Fields, di seguito denominata The Massacre of Peterloo, termine coniato dai giornalisti dell’epoca.

Il regista sceglie di essere diretto e “dogmatico” quando dipinge i potenti del luogo come figure ridenti, fastidiose, degli ebeti veri e propri. Ma anche questa scelta riflette la volontà, convinta e secondo me pienamente riuscita, di portare lo spettatore fino al massacro; dove la maniera esce dallo schermo, dove irrompe in tutta la sua potenza la bruttura umana, dove uomini miseri obbligati da ordini, uccidono miseri uomini che cercano libertà e riscatto da una vita fatta di nulla.

È difficile giudicare la storia complessivamente e non sono in grado di avanzare riflessioni in questo senso, ma a livello di cinema è encomiabile la scelta del Settantacinquenne Leigh di affrontare la realtà dei nostri giorni attraverso un fatto storico. E allora gli uomini e le donne di allora non sono così lontani da quelli che scendono oggi in piazza per manifestare contro gli abusi del potere economico ma anche per rivendicare diritti non ancora pienamente acquisiti.

Il film tutto: recitazione, fotografia, regia, tende verso una tesi evidente che, condivisibile o meno, non fa scemare la grandezza visiva del film; soprattutto nel ritrarre la bellezza dell’Inghilterra, con i suoi campi verdi e le sue costruzioni, nel portarci con grande dedizione di dettagli nell’Ottocento, donandoci immagini di scontro che si ergono come l’emblema del film, con forza e durezza.

Le accuse rivolte al film di aver dipinto il popolo come un’unità unica, unificata, quasi piatta, sono da rimandare al mittente, perché nei tanti dialoghi del film si mostrano le varie anime, i dissensi e le tante motivazioni che portano un insieme così caotico e complesso a lottare per un qualcosa di più grande. Sarà anche da illusi credere ancora che il cinema possa scuotere le coscienze, anche con film così diretti, ma Leigh riesce a colpire lo spettatore, a farlo ragionare sulla storia e quindi sul presente.

Il film ci ricorda un precetto che dovrebbe guidare i popoli e i loro politici, ovvero che non c’è presente o futuro senza passato, senza un’elaborazione, uno studio e una comprensione di quello che è accaduto e allora quel massacro non è così lontano dagli avvenimenti di oggi e Leigh lo ricorda, questa volta con il suo film più diretto, che colpisce alla pancia come alla testa.

Seppur lontano dai suoi film più intimi che hanno segnato varie generazioni, raccontando problemi sociali e politici inglesi ma non solo, il film riesce nella sua forte denuncia ed è la manifestazione di un coraggio e di una grandezza registica che speriamo possa perdurare nel cinema del maestro Leigh.

 

Di Matteo Bonanni

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