“The house of the spirits” (1993) di Billie August

Il film copre un periodo storico del Cile molto vasto. Si parte dall’instabilità politica e la recessione degli anni venti, che consentono ad un uomo di diventare ricco per la scoperta dell’oro, di investire in una proprietà terriera e di dare lavoro ad una serie di persone. Si arriva al 1973 e al colpo di stato del comandante dell’esercito Pinochet.

Non illudiamoci, però; nel film del 1993 “La casa degli spiriti”, la storia del Cile è distrutta dal regista danese Billie August e prima ancora dalla scrittrice cilena Isabel Allende.

August vuole ripetere i fasti del suo film Pelle alla conquista del mondo del 1987 (con cui vinse la Palma d’Oro a Cannes, un Oscar e un Golden Globe), dipingendo il melodramma sgargiante di una saga familiare, e anticipando Goodbye Bafana, film sulla vita di Nelson Mandela, con il suo interesse per le prigionie forzate. Lo fa in un film di co-produzione mondiale (Portogallo, USA, Germania e Danimarca), con musiche di Hans Zimmer, girato nel sud del Portogallo e con un cast stratosferico.

La Allende ha voluto inserire questo romanzo in un’ideale trilogia (assieme a La figlia della fortuna e Ritratto in seppia), esprimendo il suo femminismo magico rivoluzionario. L’elemento storico è visto attraverso le memorie giornalistiche di una donna che, assieme ai suoi fratelli, ha vissuto nell’agiatezza nella casa del nonno, grazie all’aiuto del cugino del padre, quel Salvador Allende futuro presidente del Cile poi morto durante il golpe militare.

In tutti e due i casi, si tratta di inserire l’ambito storico come un semplice intermezzo pretestuale e quindi, per la sua stessa natura, assai stereotipato. Non a caso per quasi tutto il film si indugia sulle vicende del proprietario terriero Esteban, capostipite della famiglia alto borghese cilena dei Trueba fino a ¾ della narrazione, per poi all’ultimo esplodere con gli eventi burrascosi e incalzanti del golpe di Pinochet del 1973.

Il personaggio di Esteban (Jeremy Irons), proprietario di una hacienda e padre-padrone della famiglia, imponendosi sulla moglie Clara (Meryl Streep), la sorella Fèrula (Glenn Close), la figlia Blanca (Wynona Rider) e la nipote Alba, tiranneggia su tutto e tutti a livello familiare e sociale ma alla fine si ravvede, ottenendo la scarcerazione della figlia, ricucendo il rapporto con la moglie e con il comunista Pedro Tercero García (Antonio Banderas), figlio dell’amministratore e amante della figlia.

Il personaggio poi di Clara del Valle è positivo a tutto tondo, dotata del potere di chiaroveggenza, spirito che appare nei momenti più drammatici, come la morte di Fèrula, la prigionia di Blanca e la fine di Esteban. La sua fragilità fiabesca è la vera protagonista contro la pragmaticità maschilista.

Non a caso l’unica negatività senza appello è assegnata al personaggio di Esteban García (Vincent Gallo), figlio dell’ennesima violenza del padrone su una prosperosa contadina. Il suo livore e invidia sfociano in un quasi stupro della piccola Blanca e nella violenza, stavolta effettuata, contro la ragazza nei panni di un militare carceriero e torturatore, che cerca il nascondiglio di Pedro. A parte naturalmente il cattivo per eccellenza, Pinochet, che non appare mai, se non in una televisione, spenta immediatamente dalla piccola Alba.

La sceneggiatura del film dunque segue gli stereotipi storici dell’antecedente letterario, evitando solo di inserire i personaggi dei due fratelli gemelli di Clara, ovvero quel Jaime, medico socialista, che nel romanzo muore sotto le atroci torture dei golpisti, e Nicolas, spiritista alla stregua della sorella. E senza i due personaggi innominati del romanzo, ovvero Il Poeta e il Presidente, che ricordano Pablo Neruda e Salvador Allende.

Proprio questo modo di occhieggiare la storia senza sporcarsi, di buttare dei rimandi dall’alto di una condizione vuoi di scrittrice naturalizzata americana, vuoi di un regista pluripremiato (e con alle spalle un film tratto da una sceneggiatura autobiografica di Ingmar Bergman intitolato Con le migliori intenzioni), è la cifra delle due operazioni culturali e del loro rapporto con la storia. L’antagonismo tra upelientos e momios non esplode realmente nel film; è solo esteriorizzato, mai approfondito, attraverso il contrasto tra Esteban, l’appartenente al Conservative Party conservatore, e Pedro Garcia, il militante dell’Unidad Popular. Da una parte la destra che si allea per il colpo di Stato con i militari che, una volta al potere, estromettono i politici conservatori da cui avevano ricevuto impulso e finanziamenti ed esautorano il governo; dall’altra il comunista bello, sobillatore dei contadini. E alla fine si alleano in un “compromesso storico”.

E pensare che il romanzo e il fim potrebbero avere una serie tv; le trattative tra il servizio di streaming USA Hulu e la casa di produzione Film Nation Entertainment, che detiene i diritti del romanzo, sarebbero in fase avanzata.

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