The Knack… and How to Get It… Ovvero, come il “Free cinema” ha virato prepotentemente verso il disimpegno.

Con The Knack… and How to Get It di Richard Lester,il free cinema prende un’altra direzione.

La trama in breve:

Colin è un giovane che non ha successo con le donne, è piano di insicurezze. Tolen, invece, ha successo, ha il Knack, questo crea molta invidia in Colin che cerca di seguire l’amico e di imparare. Nel frattempo, la provinciale Nancy arriva a Londra e si imbatte nei due amici. Inizia un viaggio fantasioso e surreale nella Swinging London.

Richard Lester è ricordato per la sua regia inventiva, ma soprattutto per i suoi film con i Fab four. Prima di John e Paul, è stato un giovane prodigio, nato in America, ma inglese di adozione, dove si trasferisce appena ventenne.

Siamo nel 1965 e il film è un’altra produzione della Woodfall films, ed è un film che entra ed esce allo stesso tempo dalle dinamiche del “Free cinema”.

Vincitore a Cannes (in un anno in cui era presente anche il magnifico “La collina del disonore” di Lumet), il film ci mostra quattro giovani a spasso in una Londra piena di anziani che li guardano con sospetto. Lester da specialista di commedie e musical, dirige benissimo e ci regala momenti di grande cinema, strizzando l’occhio alla Nouvelle Vague (vedi i jump cut e l’uso del montaggio), ma senza avere qualcosa di suggestivo da dire, senza riuscire ad aggiungere qualcosa e tradendo in gran parte le idee del “Free cinema”; del resto questo film, è un  un corpo estraneo all’interno del movimento.

Il film diretto da un regista americano, si inserisce nel contesto inglese e ci mostra la fine del cinema di impegno; non ci sono più operai o giovani in rivolta. Ci mostra però la nuova Londra e il cinema che verrà, più scanzonato e meno politico.

Nel mostrare i rapporti tra i quattro giovani e gli anziani inglese, il film riesce ad essere brillante, grazie a dialoghi serrati e movimenti fantasiosi.

Il film segue la falsariga della precedente pellicola di Lester A hard’s night, che mostrava le vicende dei Fab four e sviluppa ancor di più il tema della nuova Inghilterra, quella della British invasion, che si allontana sempre più dai temi sociali e vuole spingersi verso il divertimento, l’edonismo e non pensare più a operai disperati e disadattati vari.

Lodevole è il cast, i quattro giovani attori riescono a rappresentare bene il Kaos che il film ci mostra e seguono passo-passo gli spostamenti di macchina e di umore dei personaggi.

Tanti gli sketch riusciti e i momenti di divertimento, per un film che anticipa la fine di un movimento che ha segnato però l’inizio degli anni Sessanta e che ci ha regalato pellicole e registi di grande importanza. Lester è un regista meno autoriale, ma comunque in grado di regalare momenti di cinema “puro” e continuerà la sua carriera con altri due film con e sui Beatles, ma soprattutto dirigerà un gioiello nascosto di fine anni Sessanta come  Petulia del 1968.

The Knack… and How to Get It, ricopre però un ruolo veramente importante, perché è il film che per primo, da corpo estraneo quale è, che scardina le idee alla base del “Free cinema” e lo porta verso un’altra direzione: satira,  rivisitazione dei generi (vedi i musical) questi sono i nuovi umori; un cinema diverso, ugualmente libero, ma meno impegnato.

Lester porta le atmosfere del suo film precedente e le sprigiona nella swinging London, ci fa ridere e ci regala momenti di virtuosismo, ci mostra una Londra diversa: molto evoluta, colorata. L’impegno, la lotta, la ribellione giovanile, non ci sono più, i giovani iniziano a volere altro e il cinema, in parte, si adegua. Da altre parti: in Francia, in America ecc. i giovani sono in fermento e il cinema mondiale sta per cambiare nuovamente, grazie alla New Hollywood…

A Londra invece l’impegno sembra finito, è l’epoca delle minigonne, delle discoteche e allora Lester sembra anticipare tutto questo e i personaggi come Nancy e Colin ci suscitano una certa tenerezza, perché verranno sopraffatti dai molti Tolen che verranno.

Il film in questione è datato e pieno di momenti di stanca, ma si contraddistingue per la vitalità della storia e dei personaggi, ma soprattutto per una bellissima fotografia in b/n.

Di Matteo Bonanni

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