Tutti gli uomini del presidente (All the President’s Men) (1976) di Alan J. Pakula

Alan Jay Pakula ha esordito come produttore, tra gli altri, di un classico dei primi anni sessanta come “Il buio oltre la siepe” ( To Kill a Mockingbird) film del 1962.
Il suo esordio dietro la macchina da presa avvenne con “Pookie” film del 1969 e la sua consacrazione come regista con l’ottimo “Una squillo per l’ispettore Klute” (Klute) del 1971, che vede come protagonista una bravissima Jane Fonda.
Ma arriviamo a parlare di questo grande esempio di cinema politico, ossia “Tutti gli uomini del presidente” (All the President’s Men) uscito nel 1976.
Tutti gli uomini del presidente è un capolavoro assoluto degli anni 70. Un film che si configura come un grande omaggio al giornalismo, a quello di una volta: fatto di indagini, di “verità” cercate e trovate, di giornalisti appassionati.
In quell’inchiesta giornalistica c’era in ballo la libertà, la dignità, la storia di un paese e del mondo intero. è una storia che andava raccontata e Pakula l’ha fatto magnificamente.
La trama in breve:

Il film mostra le indagini dei due giornalisti del Washington post, Bob Woodward e Carl Bernstein, che incastrarono Richard Nixon e il suo governo per lo scandalo Watergate.

Pakula descrive minuziosamente le indagini dei due giornalisti, l’ambiente del giornale con i suoi rumori: i ticchettii delle macchine da scrivere, la passione dei giornalisti, le riunioni infuocate. è un grande esempio di cinema d’impegno civile, in cui il regista usa prevalentemente campi lunghi, piani sequenza e profondità di campo per mostrarci la sua storia, per mostrare la grandezza dello scandalo che stava per dilaniare il paese (a metà film c’è un’ellissi che vuole sottolineare proprio questo). Il film descrive passo per passo le evoluzioni del caso e mischia il thriller al genere giudiziario in maniera sublime. La tensione è alta fin dall’inizio. È una tensione che definirei etica, morale, che ci coinvolge tutti anche a quarant’anni di distanza.
Le atmosfere e la fotografia sono stupende (le scene notturne veramente stupefacenti) e la critica di Pakula non si ferma al governo e allo scandalo, ma in alcuni scambi di battute fatte dai protagonisti va più in fondo, si parla dell’America, della fine del sogno americano.
è una storia che andava raccontata ed oggi è un reperto storico (in celluloide) del più grande scandalo politico americano dell’era moderna, che ha avuto due degni eredi in “Il caso spotlight”, ovvero la storia dello scandalo che ha coinvolto la chiesa di Boston, che ha vinto il premio oscar e il recente “The Post”, che sembra essere il figlio di questo film, anche se narra di uno scandalo che precede di qualche anno quello del Watergate.
Ad aiutare il regista c’è un cast straordinario, capeggiato da Robert Redford e Dustin Hoffman, il primo anche produttore e pedina fondamentale per la realizzazione del film. Due attori magnifici, nel loro periodo migliore, che riescono a far trasparire ogni emozione dai loro corpi e volti. Il cast non si ferma ai due protagonisti ed è ricco di caratteristi d’eccezione come: il grandissimo Jason Robards (che vinse il suo primo premio oscar), Martin Balsam (l’investigatore di “Psyco”) e quell’altro mito di Jack Warden, attore poliedrico dall’umorismo graffiante.
Il film gode anche dell’efficace colonna sonora di David Share (già autore di una delle più belle colonne sonore del decennio, quella de “La conversazione”). Inoltre la pellicola gioca sui contrasti dei colori: il bianco dell’ufficio e il buio di molti incontri notturni (per esempio quelli affascinanti e tesi nel garage).
è un film importante, curatissimo, recitato magnificamente, che emoziona anche alla decima visione. Un film che non scende a compromessi con la retorica della vecchia e nuova Hollywood, esente da falsificazioni e spettacolarizzazioni.
Pakula ci ha mostrato uno scandalo che ha cambiato una nazione intera, che ha smascherato la natura criminale del più disprezzato presidente della storia recente degli Stati uniti d’America. Un film di parte, schierato, fazioso che è anche (come detto) un omaggio al giornalismo di un tempo, quello che non c’è più.
Uscito nel 1976, sancisce insieme ad altri film come “Taxi driver” la fine di un’era, il sogno americano ormai è lontano, il cinema però sta per cambiare ancora, Pakula e il suo impegno civile verranno spazzati via. Lucas e Spielberg con i loro squali e le spade spaziali porteranno il cinema verso la modernità, verso la fidelizzazione e tanti argomenti diverranno di nicchia e i temi politici lasciati in disparte. il rigore del film di Pakula e il suo meccanismo complesso che potrebbero far addormentare uno spettatore moderno, saranno relegati al cinema d’essai, al feticismo secondo qualcuno…
Ma quando i due giornalisti riescono ad arrivare al bandolo della matassa, lo devo dire, io mi emoziono! I tempi morti, i rumori del film scandiscono un’avventura storica ed epocale, non ci sono eroi ma solamente una nazione alle prese con uno scandalo che ancora oggi è presente nel ricordo delle persone.
Un film da riscoprire per chi non l’ha visto e da rivedere e (ri)-apprezzare per chi l’ha visto. Già che ci sono per chi non li ha visti consiglio: “Una squillo per l’ispettore Klute” e “Perché un assassinio?” E per chi li ha visti, beh rivedeteli!

Semplicemente Magnifico!

 

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