2022: i sopravvissuti (Soylent Green) (1973) di Richard Fleischer

Rai Movie e Rai Play scelgono saggiamente di riproporre un cult fantascientifico degli anni ’70: 2022: i sopravvissuti (Soylent Green) ambientato proprio nel 2022, girato e uscito nei cinema ormai 49 anni fa nel 1973. Il film è tratto Largo! Largo!  di Harry Harrison.

La trama in breve:

In un mondo affamato per la sovrappopolazione, due poliziotti scoprono che un’industria alimentare, la Soylent ricicla cadaveri umani.

Il futuro visto dal passato, nel cinema come in letteratura, assume sempre un duplice interesse di studio ed approfondimento. Le controculture nel ’73 si stanno spegnendo e con loro certe utopie e sogni, annebbiati e annegati nella realtà; difatti il film è tratto da un libro del ’66. Negli anni ’60 la letteratura fantascientifica torna a raccontare e con grande forza di futuri vicini, di mondo distopici, sarò così anche nell’epocale Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?) del ’68.

Largo! Largo! di due anni precedente ci mostra un futuro, il nostro oggi, desolante; il film parte dal libro per approfondire alcuni temi ricorrenti del genere e per inserirsi, anche, nel sottogenere della fantascienza distopica, prendendo come protagonista l’attore per eccellenza del genere (almeno in quei cinque anni 68-73), un Heston che brilla per la sua prova, accompagnato dal commiato, commovente, di Robinson.

Alla regia c’è uno di quei “metteur en scène” che hanno fatto grande Hollywood, Richard fleischer solido regista che ha diretto cult per almeno quattro decenni (40-70); il cast come detto è ottimo e la fotografia è graffiante, virata al verde, nel descrivere l’atrocità di questo presente.

Il film persegue quel tipo di fantascienza che racconta del disastro climatico già all’ora in atto, disastro che pone le basi, spesso, per dittature del mercato o per tecnocrazie, com’è nel caso del film. Il protagonista è un poliziotto che non ha mai visto la terra “prima”, mentre l’anziano coprotagonista, che fu professore universitario, gli ricorda e racconta di come il mondo, la terra, fosse meravigliosa. L’inchiesta alla base della trama non è altro che un pretesto, la soluzione è chiara fin da subito, mentre il finale, scioccante, dona al film un’atmosfera ancora più cupa e disperata.

La terra è ormai invivibile e sovrappopolata, l’inverno ha lasciato spazio ad un’eterna e torrida estate, la classi sociali non esistono praticamente più o sono separate da distanze impossibili; la povertà è estrema e non c’è nessuna traccia di “resistenza” e di “ribellione”.

Il film anche nel finale non dà molte speranze; le “guerre stellari” con i loro eroi devono ancora arrivare. Qui ci si muove nel genere, come classicità, il tessuto narrativo  non ha particolari momenti da ricordare o frammentazioni, e nel sottogenere “distopico”; l’operazione è però tra le più radicali, anti-spettacolari, disperate e nichiliste del periodo, siamo in un ambito che si avvicina ai registi “apocalittici” del periodo (Romero su tutti) e di quelli che verranno pochi anni più tardi.

Heston è l’eroe del genere, un po’ come Eastwood per il Poliziesco e il Western del periodo, è il volto del genere che cambia anche attraverso il suo corpo “classico”; basti ricordare che in pochi anni è stato il protagonista di film esemplari come: Il pianeta delle scimmie, L’altra faccia del pianeta delle scimmie e 1975: occhi bianchi sul pianeta Terra.

Un film e un libro che riescono attraverso il “genere” a raccontare alcuni timori fondati, che oggi sono certezze, magari sbagliando di anno ma profetizzando il futuro in maniera ineccepibile.

Nel film ci sono vari momenti che rimangono nella testa dello spettatore: il pranzo con cibo naturale dei due protagonisti, che richiama il cinema muto per la gestualità e l’espressività dei due protagonisti, la scena del suicidio assistito nel “tempio” che avviene guardando immagini, in questo caso della terra (After life di Koreeda ci tornerà vent’anni dopo); in un mondo di morte i ricordi, le immagini, la musica e soprattutto la conoscenza attraverso i libri sembrano essere l’ultimo disperato sollievo ma come ci mostra il finale non bastano. Per finire la scena in cui Heston scopre la “verità”, una verità che accieca, che uccide e che stordisce, come tutte le verità; e poi quel grido finale che implora di comprendere la “verità”, i cadaveri usati per creare il cibo, in assenza o quasi di cibo per sfamare il popolo…la musica torna prepotente, le immagini della terra, che fu e che è oggi (nel 2022 reale chissà per quanto?) scorrono insieme a titoli di coda, non c’è speranza alcuna.

Il suicidio assistito nel tempio è anche l’addio al Cinema del grande Edward G. Robinson, attore magnetico della Hollywood classica e dell’epoca doro; un saluto degno della sua bravura e della sua carriera.

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