Regalo di Natale (1986) di Pupi Avati

Cosa rimane di una festività religiosa come il Natale, per antonomasia connessa alla nascita di un mondo nuovo, o comunque di una festività conviviale dove regna l’armonia e la pace? Quale è il dono più ambito e consono all’atmosfera legata allo spirito natalizio?

Nel film di Pupi Avati del 1986 intitolato Regalo di Natale nulla rimane di tutto questo. In una notte come questa, non resta che essere delle solitudini accanto ad altre solitudini, intorno ad un tavolo da gioco, in una casa non propria, combattendo con le carte ad un poker feroce, lupo tra lupi. L’unico beffardo regalo da fare e ricevere è quello che il vincitore propina allo sconfitto. Non viene affatto dal cuore ma è solo un machiavellico compromesso. L’enigmatico avvocato Santelia, un grandioso Carlo Delle Piane, vincitore della Coppa Volpi per questa sua interpretazione abilmente sottotono, da profondo conoscitore dell’animo del giocatore dirà: “non sa che soddisfazione mi ha dato vederla battuta. Lei ora può andarsene senza dovermi nulla, è un bellissimo regalo che voglio farle in questa notte di Natale”. Apparentemente da un vincente, è un regalo sontuoso, degno di un trenino di latta per un bambino ansioso di ricevere il dono ambito: dare la terza ed insperata possibilità al giocatore perdente, oltre le due canoniche di vedere il punto o passare la mano. La coda del ragionamento è però perfida, è una trappola. Si vuole osare fino in fondo, per toccare le corde della psicologia e stravincere con la frase successiva “L’unica cosa che le chiedo è che lei non saprà mai con quale punto l’ho sfidata a giocarsi 250 milioni, è l’unica condizione che le ho posto e mi sembra un dettaglio trascurabile”. Cosa farà il destinatario di questa proposta?

La spietatezza e la durezza del film è sottolineata da Pupi Avati in tutta la durata del film, non solo nel suo finale. E’ un continuo “c’eravamo tanto odiati”, per parafrasare il film di Scola. E si ritrovano anche i quattro personaggi principali (Gassman – Manfredi – Satta Flores – Sandrelli), sfigurati e incupiti dal passare del tempo e dal male di vivere. Il borghese arricchito ha ora il volto di Diego Abatantuono, il Franco gestore di un cinema del centro che in passato è stato tradito (Gassman invece è stato l’autore del tradimento) dall’ex amico Ugo (Gianni Cavina), in questo caso il proletario non più portantino di un ospedale come Manfredi, ma squattrinato imbonitore televisivo. C’è anche il vice nella rubrica di cinema del giornale di provincia che rimane come in Scola l’intellettuale cinefilo, solo molto più misero e meno idealista: il Lele che ha il volto disperato di Alessandro Haber. Anche la “donna di tutti” non è più la splendida Sandrelli, idealizzata e desiderata ma poi fedele compagna e premurosa madre, che vuole dare un’educazione ai figli. La sua figura è anch’essa degenerata nella Martina (Kristina Sevieri), moglie di Franco, poi amante di Ugo, ora amica di Lele ed involontaria passante per Santelia: ovvero una donna che lega i ricordi di tutti e incancrenisce le ferite, per il suo darsi senza più remore con addirittura il rimpianto di non essere una prostituta. È lei l’emblema di un presente ormai pieno di destini compiuti, di un passato gonfio di errori, avendo dentro se stessa la dolorosa convinzione di avere buttato la vita, come diceva Satta Flores in C’eravamo tanto amati. Del Natale non rimane che un albero fatto fare dal padrone di casa della villa, corollario dimenticato della macabra partita a poker. E’ come se tutti gli ex amici abbiano perduto il tempo dietro alberi di natale non più simbolo di amicizia ed affetto, ma addobbati solo per rispettare una stanca tradizione. Naturalmente arriverà anche l’alba, i sogni finiranno ed anche un Natale senza bontà sarà passato, lasciando l’ennesima cicatrice.

E pensare che ci vorranno diciotto anni per arrivare alla Rivincita di Natale, che Pupi Avati girò nel 2004 con gli stessi attori, ma con una cupezza ancora più pronunciata, dove addirittura l’albero di Natale sarà solo una proiezione con tanto di luci e neve finte. Le emozioni non saranno sottolineate come in Regalo di Natale dal magistrale accompagnamento musicale di Riz Ortolani.

La visione di questo capolavoro di Pupi Avati, antecedente di molti successi cinematografici con location in interni, diventa sempre di più piacevole con il passare del tempo. L’atmosfera natalizia, in contrasto con la grettezza e l’aridità di uomini solitari e cattivi, rende questo film davvero unico, anche per l’incredibile bravura degli attori, ancora inconsapevoli di aver partecipato ad un film poi diventato cult.

Pupi Avati volutamente rema contro il luogo comune imposto dal cinema del Natale magico, teatro di perdono e riscatto. Non c’è bontà, non c’è amore, non c’è amicizia; ci sono solamente inganni, finte e contro finte. Un ennesimo capitolo di quella che può essere definita la morte della commedia all’italiana.

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