Dalla parte dei giovani registi: Intervista ad Andrea Di Iorio

Con Andrea Di Iorio ci conosciamo da qualche mese, da quando ha preso parte al Girogirocorto film festival in veste di giurato. È stato bello conoscersi in quella situazione, parlare anche di cinema ed è con molto interesse che vi presentiamo un regista giovane e di  talento che ha esordito col lungometraggio “Senza Distanza“.

Con la sua intervista iniziamo un ciclo di interviste a personaggi del mondo del cinema, ma non solo, per capire dove sta andando il cinema e cosa rappresenta oggi l’arte più importante del Novecento. Buona lettura!

 

1) Chi sei, presentati?

Sono Andrea Di Iorio, regista e sceneggiatore. “Ho 31 anni.”

2) Cosa ti ha spinto a diventare regista?

Sicuramente l’aver visto molti film mi ha portato prima ad amare il cinema e poi a voler raccontare storie, portandomi quindi a scegliere la strada della regia e della scrittura cinematografica.

3) Quale difficoltà hai trovato?

La difficoltà principale per tutti quelli che hanno scelto questo mestiere sta nel mostrare il proprio lavoro.

4) Parlaci del tuo film?

Senza Distanza è la storia di un bed & breakfast dove ogni camera è una città del mondo. Una volta scelta la camera-città dove si vuole andare, si vive nel rispettivo fuso orario. I protagonisti sono un ragazzo e una ragazza (interpretati da Marco Cassini e Lucrezia Guidone) che vorrebbero trasferirsi all’estero ma sono bloccati dal loro legame, perché sono letteralmente dipendenti l’uno dall’altra. Si recano allora in questo posto per dividersi: lui sceglie la camera Londra, lei la camera Parigi. Si tratta di un corso preparatorio per relazioni a distanza: imparando a stare da soli in queste stanze, che rappresentano le città dove vorrebbero andare a vivere, dovrebbero abituarsi all’idea di essere soli, di vivere in maniera indipendente. Non tutto, però, va come previsto, perché nel bed & breakfast c’è anche un’altra coppia (Giovanni Anzaldo e Giulia Rupi) e i gestori (Elena Arvigo e Paolo Perinelli), che, più tardi, portano scompiglio all’interno della situazione.

5) È difficile rappresentare i rapporti di coppia di oggi?

Non è difficile rappresentare i rapporti di coppia, ma è difficile farlo in maniera non banale e didascalica, perché le relazioni di coppia sono alla base della maggior parte delle storie che vengono raccontate. Io ho cercato di avere un approccio di tipo antropologico: nel film si parla di una famiglia, quella dei gestori, che segue la struttura matrilineare, che non prevede la convivenza e il matrimonio. I protagonisti, che si trovano all’interno di una coppia diventata una gabbia, si scontrano così con una struttura societaria diversa dalla loro e ispirata a vere civiltà matrilineari esistite ed esistenti nel mondo.

6) I tuoi progetti futuri?

Ho una nuova sceneggiatura pronta e sono alla ricerca di un produttore. Spero di tornare sul set presto.

7) Come vedi il cinema italiano oggi?

Il cinema italiano attuale si divide tra prodotti originali e altri ripetitivi, nati stanchi e senza idee interessanti alla base. Però la qualità c’è. Bisogna, come sempre, darle voce.

8) Cosa pensi delle varie piattaforme: Netflix ecc.?

Le piattaforme di streaming fanno parte dell’evoluzione della comunicazione audiovisiva. Dobbiamo sperare che nell’imminente futuro possa esistere una convivenza serena tra queste e l’esperienza della visione in sala.

9) Come ti trovi a lavorare nel mondo del cinema?

Mi piace fare parte del mondo del cinema. È ciò a cui ho dedicato tutta la vita e non immagino di poter occuparmi di altro.

10) Una domanda diretta: cinque film che ami e cinque film che “detesti”?

I film che amo sono talmente tanti che rispondere a questa domanda in maniera sintetica è difficile. Di sicuro ti posso dire che amo le intere filmografie di Allen, di Scola, di Polanski, di Wilder. I film che detesto, invece, per fortuna li dimentico.

11) Che consigli dai ai ragazzi che vogliono fare questo lavoro?

Il consiglio che posso permettermi di dare è questo: non fatevi scoraggiare dai momenti negativi e dalle attese, che purtroppo sono una parte inevitabile del percorso che avete scelto.

Grazie Andrea.

Di Matteo Bonanni (con l’aiuto di Marco Chieffa)

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