Brivido nella notte (Play Misty for Me) (1971) di Clint Eastwood

Il 1971 è l’anno di Clint Eastwood. Con tre film riesce a tracciare precisamente la linea della sua grande carriera, iniziando a portare a compimento un’idea di cinema.

Questo suo esordio alla regia di un lungometraggio va collegato ai tasselli che si erano creati qualche anno prima. Già nei film di Sergio Leone, Eastwood aveva dato vita ad “un eroe” moderno, anzi ad un antieroe, più furbo degli altri, spinto da pulsioni non certo nobili. Nel 1968, iniziando anche a fare il produttore, con il grande Don Siegel dà vita alla nuova svolta della sua carriera; l’uomo col sigaro diventa un’embrionale “Dirty Harry” in “L’uomo dalla cravatta di cuoio”.

Nel 1969 sempre da produttore è protagonista di “La ballata della città senza nome”, brutto musical/western che da sfogo però al suo amore per la musica, motivo conduttore del suo futuro cinema e che ritroviamo anche in questo esordio.

Nel frattempo con vari western, alcuni di grande successo, Clint è un attore ormai amatissimo. In quel lontano 1971, anno strepitoso per la storia del Cinema, il nostro Clint interpreta e produce tre film a loro modo epocali e significativi. “Dirty Harry” nello specifico segna il genere tutto; il protagonista è l’antieroe per eccellenza, è rude, violento, è “giusto” (così lo definisce John Milius che ha scritto i primi due episodi della saga), spinto da pulsioni irrefrenabili, da un rancore inestirpabile. Diretto da Siegel, Clint segna la scena con la sua interpretazione in un thriller perfetto per ritmo e azione. Ancora una volta Donald “Don” Siegel si dimostra uno dei massimi registi del genere, e le idee “politiche”, che qualcuno vide dietro al film, erano solo suggestioni figlie di un’ideologia.

L’ispettore Callahan (da noi Callaghan) diventa il riferimento per tutti film polizieschi e thriller, è l’antieroe moderno per eccellenza, è sporco e cattivo in un mondo cinico e crudo; si pensi che Kurt Russell in “1997: Fuga da New York” si ispirò proprio a lui. Nello stesso tempo Clint è un soldato nordista, bello e piacente, che finisce per essere curato, diventando anche un prigioniero in una scuola del sud per solo ragazze, durante la guerra di secessione nel film “La notte brava del soldato Jonathan”. Qui è un personaggio ancora in parte “macho”, che diventa preda di troppi sguardi e amori e che finisce molto male, un ruolo moderno per l’epoca e così distante da quanto interpretato prima dal buon Clint.

Arriviamo così all’esordio di “Brivido nella notte”. Don Siegel appare in un piccolo ruolo e sicuramente avrà dato anche qualche suggerimento al giovane regista. La storia invece, che anticipa vari film degli anni ’80 e ’90, risale agli anni ’60 e Eastwood se ne era già innamorato da tempo.  La regia è solida, avendo persino dei rimandi al thriller all’italiana (Bava, Argento e Fulci). L’elemento che, però,  desta ancora oggi stupore è il personaggio di Clint.

Il protagonista è un quarantenne che vuole smettere di essere infedele in quanto innamorato della sua fidanzata, ma si ritrova dentro ad una storia più grande di lui, ad un amore mai nato, cresciuto nella mente malata della protagonista, e rimanendo vittima quasi inerme di questo cieco sentimento.

La trama è chiara fin da subito, soprattutto per uno spettatore di oggi, lo svolgimento si segue molto bene e la regia di Eastwood accompagna bene la vicenda, anche grazie ad un buon montaggio, ad una colonna sonora di livello e ad un cast ben diretto. Il dramma/thriller prende a poco a poco la sua via, Clint dirige, interpreta e produce; è così che ha inizio il suo cinema. “Brivido nella notte” inizia dal mare e il mare è un elemento che tornerà spesso nei suoi film.

Dicevamo prima dell’amore per la musica del maestro californiano. In questo caso il film è ricco di musica black, con in particolare l’inserto del Festival di Monterrey, che segue e caratterizza lo sviluppo della storia. Eastwood sperimenta la macchina a mano, gioca con il montaggio soprattutto nel finale e si regala momenti catartici, come quelli da “giardino dell’Eden” in cui i protagonisti fanno l’amore nella natura.

In 100 minuti, evitando il rischio di essere didascalico, cerca di dare delle motivazioni alla storia, ai movimenti che spingono i personaggi ad agire in un certo modo. Oggi ancora di più il tema dello stalking ha assunto un ruolo importante nella nostra società, ma resta coraggioso il tentativo del regista di destabilizzare lo spettatore, mettendo il pistolero col sigaro/Dirty Harry nei panni di un uomo qualsiasi, dentro ad una storia, con piccole forzature, che potrebbe capitare a tutti.

Eastwood sceglie con cura il suo esordio e così farà per i successivi cinquant’anni. Due anni dopo del resto dirigerà il suo primo Western ma anche un dramma borghese come “Breezy”; nel suo esordio si vedono alcune delle sue tematiche, per un film ancora oggi perfettamente avvincente, interessante, attuale e con una prova d’attore da non sottovalutare.

Nel 1971 inizia il Cinema di Eastwood, o meglio prende luce la sua idea di cinema a tutto tondo. Nel film invece inizia tutto con un movimento dal mare verso la costa, verso il protagonista; e finisce con un movimento che dal mare, dalla faccia della co-protagonista assassina, porta di nuovo al mare.

 

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