L’uomo dalla cravatta di cuoio (Coogan’s Bluff) (1968) di Don Siegel

Di Matteo Bonanni

L’uomo dalla cravatta di cuoio (Coogan’s Bluff) (1968) di Don Siegel

Nel 1968 Don Siegel per molti conclude il suo cinema “classico” con l’ottimo “Madigan” e apre un nuovo capitolo, all’insegna della collaborazione con Clint Eastwood con il film di cui abbiamo già scritto.

Bisogna precisare, che già negli anni ’50 e soprattutto con “The Killers” Siegel aveva dimostrato che il suo cinema si stava ampliando e stava cambiando. “The killers” del resto, pur con aspetti che oggi lo rendono poco attuale, anticipava di qualche anno il neo-noir, impossibile non pensarlo come anticipatore per esempio del bellissimo “Point blank” di John Boorman, soprattutto per il personaggio interpretato da Lee Marvin.

Il regista Gira i due film a pochi mesi distanza, entrambi a New York, eccetto per il bellissimo inizio di “Coogan’s bluff”, ma la città assume aspetti molto diversi nei due film.

La stessa regia di Siegel, come il montaggio, sono diverse nei due film, compaiono più spesso delle soggettive e soprattutto movimenti di macchina da presa a mano (da segnalare quello in cui Eastwood cammina nella discoteca).

Se Madigan poteva in alcuni tratti anticipare “Dirty Harry”, come dicevamo nella recensione del 2019 qui Coogan (per i rimandi al ruolo di Eastwood a cavallo tra Western e Poliziesco potete leggere la precedente recensione) è alla base di quel personaggio.

Madigan è un personaggio ancorato all’idea dell’onore del suo ruolo, tutto il film del resto parla di poliziotti e superiori alle prese con i loro errori e con i compromessi da accettare, è un uomo con dei principi ben saldi qui invece si fa spazio un personaggio, Coogan, più complesso e sfaccettato.

Come poi sarà spesso Eastwood-attore, Coogan è a tratti misantropo e misogino eppure è un uomo gentile, con dei principi e soprattutto umano.

La New York inquadrata nel secondo film è molto diversa, è giovane e giovanile, il protagonista del resto è un trentenne, la discoteca ci avvicina al clima del’68 come del resto fa l’antagonista del film, interpretato da Don Stroud che era già centrale in “Madigan”, che qui diventa un luciferino cattivo da braccare, inseguire e fermare.

La vecchia scuola attoriale è invece rappresentata dal sempre grande Lee J. Cobb, in un ruolo di poliziotto che riprenderà più volte anche in seguito, tra cui ne “L’esorcista”.

Il finale di “Madigan” si chiudeva con la morte del protagonista dopo una sparatoria efficacissima diretta con mano fermissima da Siegel, “Coogan” finisce con la cattura del cattivo dopo una corsa in moto in mezzo ad un parco e quel gesto poi alla fine in cui il poliziotto venuto dall’Ovest dà la sigaretta all’assassino, al contrario della scena iniziale in cui il protagonista non la concedeva all’indiano.

Siegel non ci risparmia il consueto realismo, aiutato anche da questa fotografia più mossa e movimentata con la Mdp così agile, con scene di violenza come quella in mezzo ai tavoli da bigliardo.  Indimenticabile anche la colonna sonora di Lalo Shifrin, alla prima collaborazione con Siegel

Riflettendo ancora sul personaggio protagonista, è evidente che Coogan sia un personaggio uscito dal western, e come tutti personaggi western vive varie fasi e  viene anche menomato nel suo cammino alla ricerca del cattivo di turno.

Il personaggio Madigan morendo sanciva la fine di un certo tipo di personaggio, di poliziotto cinematografico, di “buono” e di “eroe”, ed è interessante notare come Widmark sia un’eccezionale Madigan e l’anno dopo il protagonista del crepuscolare western targato in parte Siegel “Ultima notte a Cottonwood” in cui uno sceriffo è condannato a morte dai cittadini del villaggio perché sa troppo e perché rappresenta il vecchio west; un film dolente e a tratti pienamente riuscito.

Madigan e Coogan, due personaggi importanti nella seconda fase della carriera del nostro regista.

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