Le classifiche del 2023 secondo La Luce del cinema

Di Matteo Bonanni

È stato un anno eccezionale per il cinema mondiale ed italiano. Ci sono stati incassi faraonici grazie a film importanti, incassi prodigiosi in Italia per film italiani (C’è ancora domani), grandi autori tornati alla ribalta (Scorsese, Loach, Kaurismaki, Schrader, Mann), chiusure di cerchi autoriali/poetici (Moretti). È un cinema che risponde, in sala, ai cambiamenti della percezione degli spettatori che ormai hanno fatto storia e non sono più un aspetto marginale.

Raccontando, in piccolo, l’esperienza romana, si è visto che se gli autori e gli attori presenziano alla proiezione il pubblico risponde presente e con interesse; ci sarebbe da ragionare sul fatto che questi cinema “autoriali” vengono presi d’assalto da un piccolo gruppo di spettatori che gira di proiezione in proiezione. Detto questo, il film della Cortellesi, come piuttosto “Barbie”, “Oppenheimer” od altri fenomeni, ci mostrano che la sala può ancora essere fruita ed amata per quello che è: un luogo sacro. Il cinema poi, anche in forma di serie tv, rimane un argomento globale e influente.  Insomma un grande anno di cinema, senza dubbio a cui dedichiamo le liste, ognuna diversa, de La luce del cinema. Si potranno trovare i film che abbiamo amato e che ci hanno colpito e che, per ognuno di noi, vanno recuperati o rivisti (film usciti in sala, sulle piattaforme, a volte visti ai Festival o all’estero).

 

(Di Matteo Bonanni) Dieci titoli, dieci titoli per parlare di un anno di cinema, in ordine di preferenza. Eh sì che ce ne sarebbero altri di livello altissimo, o che semplicemente mi hanno colpito visivamente o psicologicamente, nel profondo del cuore come a livello mentale. In definitiva un mare di cinema visto in sala, a casa e in qualche festival.

1) La chimera di Alice Rohrwacher

O’Connor in treno che sogna, le immagini in super 8 e 16mm come in 35 mm, la colonna sonora, il senso di vita e di morte, le canzoni che raccontano “i tombaroli”; il sogno utopico femminista di una comune in una fu stazione di nessuno e di tutti. Un cinema altissimo.

2) Ferrari di Michael Mann

Directed by Michael Mann…potrebbe quasi bastare. La vertigine delle immagini di corsa, Ferrari (un grande Adam Driver) che parla alla tomba del figlio, l’ennesimo e ossessivo discorso sulla “visione”…Ferrari, ci dice nel film, si è costruito una corazza a forza di vedere morire le persone e gli occhiali scuri che porta sempre in volto ne sono la prova, quando li toglie, le poche volte, lo vediamo per davvero. La scena dell’opera, la scena della messa  intervallata dalla ricerca del record da parte della Maserati e poi ancora la scena di morte più brutale di quest’anno, in un momento siamo in un altro film, è devastante e straziante. Infine la scena a due, verso la fine, con la moglie Laura, che è una tipica scena a due di Michael Mann, come solo lui sa fare.

3) Oppenheimer di Christopher Nolan

Il potere delle immagini, la bomba atomica che deflagra, le ossessioni del protagonista, tre ore che vorresti durassero ancora. Rimando alla recensione: Oppenheimer (2023) di Christopher Nolan | La luce del cinema

4) Babylon di Damien Chazelle

Inizio di anno col botto, Chazelle al suo meglio in un tour de force che mi ha catturato dall’inizio alla fine per la forza delle immagini, per la recitazione, per l’amore totale che il regista ha per il cinema.

5) Foglie al vento di Aki kaurismäki

Ultimo gioiello del poeta, con macchina da presa, finlandese. Oltre alla sua immensa cultura cinematografica, una commedia che ti riappacifica con l’umanità, su un amore alternativo, in povertà eppure nell’assoluta ricchezza tra due timidi ed esclusi. Seppur meno “sociale” di altri film, il regista riesce a raccontare la realtà attuale, i dubbi e le paure, i mutamenti del mondo del lavoro e del cinema stesso; i protagonisti sono fantastici.

6) Rapito di Marco Bellocchio

Bellocchio continua la sua personale riscrittura della Storia attraverso il mezzo audiovisivo, qui raccontando un passaggio spinoso della storia italiana, recitato da attori in stato di grazia e diretto con mano fermissima.

7) Animali selvatici di Christian Mungiu

Dissacrante e drammatica visione di una parte dell’Europa attuale, un film, come sempre per merito del regista, altamente politico. Drammi personali, politici e sociali si uniscono per raccontare uno spaccato di società. Il finale ti resta impresso a distanza di mesi.

8) Killers Of the flower moon di Martin Scorsese

Il film più tombale e mortuario della carriera di Scorsese. Un senso di morte lo pervade dall’inizio alla fine, non c’è più nessuna speranza possibile nel suo cinema né una vaga catarsi. Con un budget faraonico, il maestro di tante avventure affronta una storia non semplice e poco raccontata e si lancia nella sua opera più lunga e fluviale, sancendo la fine di un certo discorso sul “west(ern)”, gli indiani e l’inizio del ‘900 americano, come aveva sancito la fine delle epopee dei (suoi) gangster con “The Irishman”

9) Il male non esiste di Ryusuke Hamaguchi

Ancora una volta Hamaguchi ci stupisce con un film visivamente eccezionale (si pensi al piano sequenza iniziale e a quello finale) ed  in cui l’uomo e la questione ambientale vanno di pari passo; il regista continua il suo racconto del Giappone moderno con un’opera intrisa di poesia, che ci regala immagini indelebili e potentissime.

10) Anatomia di una caduta di Justine Triet

Un gioiello francese per suspence ma soprattutto in grado, attraverso il genere, di raccontare lo stato delle relazioni attuali, di parlare di depressione, di non annoiare in un’aula di tribunale, di capovolgere giudizi e pareri, di giocare con lo spettatore, di emozionarlo a più riprese.


(Di Marco Chieffa) Il 2023 è appena giunto al termine; diversamente dagli anni passati, quelli che mi hanno visto immerso in visioni cosiddétte “d’essai” (che parola desueta e ormai inutile), a volte addirittura esclusivamente afferenti alla cinematografia polacca, ho decisamente cambiato rotta. Scelta dovuta a circostanze, ma anche per consapevole volontà. Essenzialmente per evitare quello che Kant chiamava “sonno dogmatico”, ovvero più prosaicamente per non essere invischiato in quella cappa che risponde ai grotteschi diktat accademici “woke” che, come un virus, hanno avvelenato gran parte di filmografie, festivaliere e non.

Naturalmente non è stato un cammino reazionario ma ho privilegiato la pars costruens rispetto a quella destruens. Ho cioè cercato di oltrepassare invece che negare, di affrontare al posto di condannare, in sostanza di riaffermare più che arretrare allo status quo ante. Non mi bastava biasimare, criticare o deplorare; ho inteso dialogare, confrontarmi e riconoscere la fecondità di quello che considero il cinema puro, preciso ed essenziale.

E’ un’operazione alla stregua del recupero salvifico della lingua latina, abbandonata non in quanto inadeguata alle nuove “esigenze” del progresso, ma “perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa”. Per non affidarsi all’era dei demagoghi e dei ciarlatani, che sfruttano un frasario cinematografico approssimativo ed elusivo con cui poter “parlare per un’ora senza dire niente”.

Ho dunque scelto per il mio 2023 nove film, rigorosamente visti al cinema e non in altri contesti, in ordine cronologico, specificando persino il giorno della prima visione (a mò di evento). Motivando successivamente le nove scelte.

Non manca un film al gioco dei 10? Ebbene sì. E’ il film che vorrei vedere nell’anno che sta per cominciare. Quel film che non farà dimenticare ciò che si è visto. Quello tramite il quale, parafrasando una poesia di 𝐎𝐬𝐢𝐩 𝐄𝐦𝐢𝐥’𝐞𝐯𝐢𝐜̌ 𝐌𝐚𝐧𝐝𝐞𝐥’𝐬̌𝐭𝐚𝐦,

«Ricorderai la dacia, la vespa,

l’astuccio sporco d’inchiostro

o i mirtilli che mai raccogliesti

da bambino nel sottobosco.»

The Fabelmans                                  13/01

The plane                                          03/02

The whale                                            10/03

Indiana Jones e il quadrante del destino 30/06

Pearl                                                    09/09

Assassinio a Venezia                             15/09

The palace                                            05/10

Dream scenario                                    26/11

Napoleon                                              01/12

 

The Fabelmans: Cosa c’è più esaltante per le sorti della settima arte della scena in cui i coniugi Fabelman portano il loro bambino Sammy (alter ego spielberghiano) a vedere il suo primo film, “Il più grande spettacolo del mondo” di Cecil B. DeMille, in particolare la visione dell’incidente ferroviario? Da allora il bimbo, con cinepresa da 8 mm, replicherà la scena del film visto con il trenino giocattolo.

The plane: I dieci minuti della sequenza di atterraggio di emergenza è l’esempio plastico di come il regista Jean-François Richet abbia realizzato, con ingredienti semplici, un cinema efficace anche senza un’enorme quantità di effetti speciali ad alto budget. Tutto accade al momento giusto, alla stregua di un film d’azione della vecchia scuola.

The whale: L’antecedente teatrale, presentato in un festival in Colorado e arrivata off-Broadway deve proprio aver folgorato Darren Aronofsky, tanto che ha riproposto cinematograficamente allo spettatore la stessa sua capacità di appassionarsi immediatamente a una galleria di personaggi, per i quali non avrebbe mai creduto di poter provare empatia.

Indiana Jones e il quadrante del destino: Nel lungo incipit del film, il nuovo personaggio del professore di archeologia di Oxford dirà, all’ufficiale nazista sulle tracce della stessa reliquia che interessa al Führer, che lui vuole solo «preservare la storia!». E’ esattamente la stessa cosa che fanno gli autori di quest’ultimo episodio della saga (il primo senza Spielberg alla regia e Lucas al soggetto), se intendiamo come “storia” quella di questa vera e propria epopea popolare di straordinaria iconicità.

Pearl: Che interpretazione ha fornito Mia Goth? Quanti sono i rimandi ai film dell’età d’oro di Hollywood (Il mago di Oz, Non aprite quella porta e Mary Poppins su tutti)? Ti West, non contento richiama i fordiani Sentieri selvaggi, mentre per i titoli di testa si ricorda dei melodrammi di George Cukor e Douglas Sirk.

Assassinio a Venezia: Il Poirot di Branagh contamina il giallo con il cinema di paura, il blockbuster con Shakespeare, ma soprattutto inserisce un’originale riflessione sull’atto del guardare (vedasi la scena del vaso che impedisce ai commensali di guardarsi in faccia). C’è dunque la compresenza di alto e basso, senza paura di sporcarsi le mani con ciò che è popolare.

The palace: rimando a ciò che ho scritto. The palace (2023) di Roman Polanski | La luce del cinema

Dream scenario: Paul Matthews, il personaggio principale del film di Kristoffer Borgli, è un professore di biologia che spiega l’evoluzione della zebra e sogna di scrivere un libro sulle formiche. Da quando però comincia ad apparire nei sogni di molte persone, la sua grigia esistenza lascia indelebile, alla Benjamin, la propria immagine. Ma ben presto la celebrità diventa virale, condivisibile su TikTok, Facebook o Instagram: smette di essere come la zebra che vorrebbe far conoscere e non si mimetizza più nel branco.

Napoleon: rimando a ciò che ho scritto. Napoleon (2023) di Ridley Scott. | La luce del cinema

 


(Di Michela Califano) Si avvicina il countdown al nuovo anno e c’è chi in questo periodo di fine al nuovo inizio pensa a le avventure trascorse nell’ultimo anno trascorso, a ciò che sarebbe potuto andar meglio o a ciò che si sarebbe potuto evitare e c’è chi — esattamente come noi — passerà nella velocità dei pensieri che giungono sempre all’ultimo dell’anno a quali siano state le pellicole più apprezzate di questo periodo e, perchè no, ipotizzare anche una classifica delle migliori pellicole, una top ten di questo 2023 in cui l’arte del Cinema non ha demorso anche quest’anno portando sul grande schermo e nella sala alte aspettative su ogni fronte.

Come ogni classico conto alla rovescia che si rispetti, il nostro viaggio dei migliori film che hanno costellato questo 2023 partirà proprio dalla fine per poi arrivare ai primi posti  in cui saremo ormai carichi a festeggiare insieme questo nuovo anno all’insegna di tanta Arte Cinematografica pronta ad aspettarci nei Cinematografi di ogni paese e città.

                   

  1. Maestro di Bradley Cooper

 Presentato in anteprima ed in concorso all’ 80 edizione della Mostra D’arte Cinematografica di Venezia, Maestro di Bradley Cooper è un’opera sublime sulla vita di un’artista musicale forse non ancora abbastanza conosciuto; parliamo di Leonard Bastien, compositore musicale, direttore d’orchestra e pianista che ha cavalcato la scena di gran parte del novecento storiografico. Un echeggiare di contraddittorietà della vita personale, artistica e musicale che lo stesso regista — nei panni del compositore — ha saputo rendere a pieno in questa pellicola.

  1. La Passion de Dodin Bouffant di Trần Anh Hùng

 In concorso al 76 edizione del festival di Cannes e nella sezione Best of 2023 della 18 edizione del Rome Film Fest, La Passion de Dodin Bouffant è un poetico ritratto verso l’arte culinaria; durante tutta la pellicola viviamo ed assistiamo ad una continua mescolanza di sapori, colori e sperimentazioni dei differenti alimenti quasi come un pittore dinanzi al proprio quadro. Il film è del tutto esente di colonna sonora perché essa vive e risiede nella preparazione dei vari alimenti : dal taglio delle verdure sino al ribollio delle pietanze, dall’ideazione di un particolare menù sino all’ultimazione prima di essere servito in tavola. La Passion de Dodin Bouffant è anche una storia di amore tra due giovani amanti nel loro piccolo mondo dei sogni quale la cucina di architettura ottocentesca e della sua sin troppo rapida fine.

  1. Anatomie d’une chute o Anatomia di una caduta di Justine Triet

 Film presentato al 76 edizione del Festival di Cannes e vincitore della palma d’oro, Anatomia di una caduta è un enigma da una trama apparentemente semplice: una donna è sospettata dell’omicidio di suo marito ed il loro unico figlio affronterà un grande  problema in quanto unico e solo testimone dell’accaduto. Una semplicità che è in realtà figlia di grande ambiguità di cui c’è una sola certezza: la presenza di un morto. Anatomia di una Caduta inizia con la fine di  un atto che è anzi l’inizio di una serie di comprensioni ed altri interrogativi sull’intera struttura relazionistica dei personaggi all’interno dello stesso film.

  1. The Zone of Interest di Jonathan Glazer

 Presentato alla 76 edizione del Festival di Cannes e nella sezione Best of 2023 della 18 edizione del Rome Film Fest, The Zone of Interest è una pellicola sull’olocausto in cui lo stesso brutale evento storiografico viene narrato per vie trasversali; mai principalmente esposto esso è presente in sensazioni, nelle composizioni sonore e nell’assurdità di apparente quiete che regna lungo tutto il corso del Film. Ci troviamo in una villa idilliaca abitata da una famiglia tedesca e dal capo del campo di concentramento di Auschwitz, un Eden fittizio ad un passo dalla struttura di sterminio. Tutto il film vige di opposizioni tra la pace non vera della natura, della vita familiare di tutti i giorni e la totale cecità dell’evento, nella colonna sonora rimbombante ed assordante, nei piccoli dettagli di ogni fotogramma che portano al riecheggiare dell’orrore di sterminio appena oltre quel muro alto ed invalicabile che divide la casa di apparente quiete dall’orrore di sterminio Storiografico.

  1. Killers of the Flower moon di Martin Scorsese

 In anteprima alla 76 edizione del Festival di Cannes, Killers of The Flower Moon è un pezzo di storia che merita di essere conosciuto, è la narrazione del massacro totale della tribù dei nativi Americani di Osage per via dello stesso petrolio scoperto nel terreno in loro possesso. Un film che fa riflettere sul rapporto complesso tra l’America e le popolazioni indigene, una pellicola che, oltre che artistica, è anche estremamente politica e di accusa verso l’America stessa. Non un capolavoro certo ma sicuramente un altro grande Film che il maestro Martin Scorsese ha saputo rendere magistralmente in ogni singolo campo artistico e tecnico.

  1. C’è ancora domani di Paola Cortellesi

 C’è ancora domani di Paola Cortellesi è un primo esordio alla regia riuscito e che non necessità di altre spiegazioni se non del fatto di essere assaporato e visto nella sua particolarità di presentazione. C’è ancora domani è un film politico e poetico, ironico ma riflessivo e che sì, ti mostra quanto per il Cinema Italiano C’è ancora possibilità di splendere e di salire anche in vetta alle classifiche di film con maggior incasso della storia del cinema Italiano.

  1. Spider-Man : Across the Spider-Verse di Joaquim Dos Santos, Justin K. Thompson, Kemp Powers

Spider-man: Across the spider-verse entra a spada tratta e sconvolge tutti su ogni campo e dal punto di vista tecnico che artistico; un film d’animazione sul metaverso e forse  aggiungerei come mai non l’avete visto sino ad ora. Il tutto è un’esplosione di differenti stili e tecniche d’animazione, di composizioni musicali, colori e stati d’animo che vi colpirà sin dal primo sguardo dei fotogrammi e da cui difficilmente riuscirete a staccarvi.

  1. Past Lives di Celine Song

 Presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival, proiettato alla 73 edizione del festival di Berlino e nella sezione best of 2023 della 18 edizione del Rome Film Fest,  Past Lives di Celine Song è un commovente viaggio di vita e di amore mai detto tra due intimi amici d’infanzia lontani chilometri di distanza; una continua rincorsa e tentativo di unione che forse mai riuscirà a raggiungere vera pace ma è straziante, assolutamente triste sapere che sarebbe stato possibile solo se fossero state prese altre decisioni e magari, in una vita passata, tutto sarebbe andato in altra direzione, altra linea, altra vita o altra differente forma da quella ormai già presa.

  1. La Chimera di Alice Rohrwacher

 In anteprima alla 76 edizione del Festival di Cannes e nella sezione best of 2023 della 18 edizione del Rome Film Fest, La Chimera di Alice Rohrwacher è un un viaggio in bilico tra il mondo dei vivi ed il mondo dei morti; è un desiderio irraggiungibile, un viaggio onirico ed irrealizzabile perché immaginario e che chiude con eccellenza la ‘’ trilogia della memoria ‘’ avviata dalla stessa regista nel 2014. Un film che, nonostante i recenti avvenimenti, merita di essere distribuito ancora ed ancora nelle sale Cinematografiche    d’ Italia per essere vissuto ed assaporato in ogni sua forma di costituzione narrativa, filosofica, artistica e tecnica.

  1. Oppenheimer di Christopher Nolan

Credo non abbia bisogno di tante spiegazioni questa pellicola, ricordo solo che alla fine della proiezione uscì dalla sala Cinematografica con questa espressione : « Detesto     quest’ Arte e ciò che riesce a creare » perché è proprio questo l’intento stesso del film, una contrapposizione di stati, un dire che è un capolavoro ad una scoperta scientifica ma che allo stesso tempo è divenuta arma atomica di distruzione protagonista della fine della seconda guerra mondiale. Un lavoro magistrale dal punto di vista sonoro, interpretativo, tecnico e narrativo che meritava e merita l’ultimo numero — che ancora ultimo non è —  prima della chiusura di questo 2023.

 

(Di Jacopo Wessermann) Scrivo queste righe a bordo di un volo diretto verso casa, quindi chiedo venia in anticipo per la brevità ed essenzialità del testo. La classifica che segue non è da considerarsi completa, visto che mi sono sfuggiti diversi titoli caldi del 2023 (Poor Things, The Zone of Interest, Past Lives, Master Gardener, The Old Oak, The Boy and the Heron…). Ciò nonostante, penso di aver recuperato tutti quelli che più mi interessavano.

Il 2023 è stato un autentico annus mirabilis, regalandoci in un colpo solo i nuovi lavori di magnifici vecchiacci quali Allen, Wenders, Kitano, Loach, Mann, Miyazaki padre, Moretti, Schrader, Scott, Scorsese, giusto per citarne alcuni. Ci sono state anche piacevoli sorprese, alcune delle quali menziono nella lista finale.

City of Wind è l’esordio alla regia di una mia collega e amica, visto a Venezia nella sezione Orizzonti, dove ha vinto il premio di migliore interpretazione maschile. Si sarebbe meritato anche di più, ma è comunque una conquista notevole, che ha segnato uno dei punti alti dell’anno.

Misión a Marte è un vero e proprio UFO, visto in competizione all’IndieLisboa. Si tratta di un altro esordio, formalmente agli antipodi rispetto a City of Wind (camera a mano, pellicola in 16mm, bianco e nero), meno risolto, ma ugualmente di grande ispirazione.

Women Talking segna il ritorno alla regia di Sarah Polley, con un canovaccio ingannevolmente teatrale e un formato d’immagine ultrapanoramico in 8K. Anche in questo caso non tutto funziona, ma la proposta formale è innegabilmente coraggiosa.

Green Border dell’esperiente Agniezska Holland merita un discorso simile: ammetto di avere un debole per il cinema di impegno civile, a patto di essere realizzato con coscienziosità e onestà intellettuale. La cineasta polacca dimostra di possedere entrambe.

Che dire su Scorsese, Scott, Wenders e Canijo che non sia già stato detto, e meglio?

Riservo le ultime righe all’inevitabile primo posto del Mann di Ferrari, giunto ormai a un livello di chiarezza e serenità sconvolgenti, e al disadattato Blomkamp, improbabile finalista che firma il suo film più godibile da diversi anni a questa parte.

Non di sola mente vive il cinefilo: anche la pancia vuole la sua parte.

Ferrari, diretto da Michael Mann

Killers of the Flower Moon, diretto da Martin Scorsese

City of Wind, diretto da Lkhagvadulam Purev-Ochir

Napoleon, diretto da Ridley Scott

Perfect Days, diretto da Wim Wenders

Gran Turismo, diretto da Neill Blomkamp

Viver Mal, diretto da João Canijo

Misión a Marte, diretto da Amat Vallmajor del Pozo

Women Talking, diretto da Sarah Polley

Green Border, diretto da Agnieszka Holland

Menzioni onorevoli: Banshees of Inisherin, Return to Dust, May December, Evil Does Not Exist

 P.S. La scelta dei titoli si basa sulla data di distribuzione in Italia e Portogallo, indipendentemente dall’anno di produzione.

 

 

 

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