Oppenheimer (2023) di Christopher Nolan

Di Matteo Bonanni

Christopher Nolan si confronta con la sua creatura più ambiziosa, Oppenheimer è il suo film più complesso e politico.

La trama in breve

  1. Il 22enne J. Robert Oppenheimer è un brillante studente di fisica, laureato a Cambridge (dove ha conosciuto Niels Bohr) e titolare di un dottorato all’Università di Göttingen in Germania, dove ha la possibilità di incontrare il più celebre collega Werner Heisenberg. Dopo essere tornato negli Stati Uniti, comincia a insegnare a Berkeley e al California Institute of Technology continuando a espandere il suo percorso di ricerca nella fisica quantistica. Nel 1942, il generale dell’esercito americano Leslie Groves recluta lo scienziato come responsabile del Progetto Manhattan per sviluppare la bomba atomica. Oppenheimer, di famiglia ebrea, accetta il ruolo, ben consapevole che gli scienziati nazisti, sotto la guida di Heisenberg, stanno portando avanti lo stesso tipo di ricerca.

Nolan sceglie ancora una volta di unire più punti di una storia, intrecciare le temporalità, gli anni, la verità, e lo fa con volontà di mostrare una parte di vita di un uomo che ha sicuramente cambiato la storia recente.

Il passaggio iniziale con un giovane protagonista, interpretato da un Cillian Murphy eccezionale in tutte le fasi del film, che per ripicca decide di avvelenare la mela del suo amato professore è un passaggio fondamentale; Oppenheimer nel film ci viene mostrato come un uomo tormentato già molto prima di “trinity”: dalle visioni, dall’ambizione di essere il più brillante di tutti, lui vuole essere “morte” e lo diventa.

Nolan martella lo spettatore con immagini, parole e suoni; in tre ore non c’è un secondo in cui il film ceda, in cui la trama tremi per la complessità del racconto, non c’è un attore che sia fuori parte o un momento in cui la retorica faccia capolino; alle immagini degli atomi, della scissione nucleare, della bomba, si contrappongono momenti personali di grande emotività.

Le parti del grande puzzle si mischiano, l’incontro con la giovane comunista e l’inizio del lavoro a Princeton, il lavoro alla bomba, il processo al chiuso e la commissione per il suo nemico (?) Strauss.

L’uomo Oppenhiemer è pieno di incertezze, la sua visione a volte si sfalda, viene sfocata dalla potenza delle sue idee, dalla potenza brutale della sua grande invenzione (la bomba), Nolan c’è lo mostra nudo più volte, nudo insieme a Jean (un’eccezionale Florence Pugh), nudo davanti a chi lo sta giudicando, “giuria” e la moglie. Questo lato dell’emotività del protagonista riesce a dare corpo alla narrazione, riesce a mostrare l’umanità di un uomo che dentro di sé sa di aver contribuito all’invenzione più pericolosa della storia dell’umanità.

La bomba deflagrerà, come sappiamo, prima nel test e poi nelle due città giapponesi, un passaggio storico che ormai sembra non aver più nessuna importanza per noi occidentali; e dopo la bomba Oppenheimer cercherà di guidare da esperto l’uso delle armi atomiche ma sarà troppo tardi.

Il film ci mostra bene l’anticomunismo americano, la necessità di creare ed avere un nemico sempre a portata, sempre ben visibile, un nemico su cui scaricare delle responsabilità, l’industria delle armi del resto deve andare avanti e avanti…fino ai giorni nostri.

Oppenheimer e con lui gli altri scienziati si pongono dei dubbi morali ed etici: “cosa sarà del mondo dopo questa invenzione”; l’incontro con Einstein verterà su questi dubbi,  incontro che logorerà Strauss (Downey Jr.) creando in lui invidia ed astio, e che tornerà più volte nel corso del film.

Nolan realizza un kollosal storico, politico, umanistico dove può raccontare tante facce di una storia unendo vari generi e portandoli all’estremo. C’è l’aspetto spionistico che riesce ad essere compiuto senza mai annoiare, c’è il racconto intimo di un uomo e le sue angosce, la scena in cui il protagonista parla dal palco il giorno in cui viene sganciata la bomba ha un impatto visivo ed emozionale unico, c’è lo scontro politico e viscerale nei due “processi”, c’è l’uomo che si relaziona con gli altri: le donne, il fratello e gli amici scienziati.

Quando nel finale tutti i pezzi vengono riuniti, tutte le tracce narrative, o quasi, vengono concluse si vorrebbe che il film continuasse, e invece finisce con un primo piano della faccia sgomenta del protagonista, che sa di aver rischiato di distruggere il mondo e anzi che forse l’ha fatto, lui con le altre menti di Los Alamos.

È interessante il frangente di Los Alamos, intanto per i richiami letterari e cinematografici, il mito della frontiera e  del cinema americano; la percezione moderna americana nasce  e si sviluppa nel west(ern) e Los Alamos, anche se non è Alamo, ci ricorda quelle radici. La bomba viene inventata in mezzo al nulla, dove vanno giusto gli Indiani a compiere i loro riti, è un luogo che ha un alto significato simbolico e del resto il protagonista si aggira per la cittadina come fosse uno sceriffo, così lo apostrofano anche i suoi colleghi.

In tre ore di corsa senza cedimento, ci sono varie scene che riescono ad entrare immediatamente nell’immaginario di chi guarda come per esempio la scena della deflagrazione della bomba, Nolan non abusa degli effetti speciali anzi, è tutto così drammaticamente credibile (del resto ha fatto brillare realmente degli ordigni). In quella scena l’uomo è a confronto, senza vederne immediatamente le conseguenze, con la potenzialità di quell’invenzione, è lì che il mondo cambia e da quel momento non ci sarà ritorno: finirà la guerra, e con che conseguenze sui civili, ma inizierà, o meglio si infuocherà, la guerra che dominerà il mondo per i decenni a seguire fino ad oggi (come sappiamo).

Un film che uscendo nel 2023 sembra essere un monito, i dubbi di quell’uomo che ha inventato la bomba sono ancora attuali e imponenti.

Al livello tecnico il film è stupefacente, Nolan guarda soprattutto a Malick, si certo anche a Lynch, si rifà poi al suo cinema e porta a compimento un percorso ambizioso e faticoso con il suo film più riuscito.

Murphy è gigantesco, seppur magrissimo, come anche Downey jr., ma tutto il cast è stupefacente; da segnalare il cameo di Oldman.

Un film colossale che riesce a racchiudere in sé tanti momenti del cinema del regista inglese, qui più compatto del solito, più efficace, politico; un film monumentale che riesce ad essere tante cose insieme senza sfaldarsi, senza deflagrare…

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