Stasera Ho vinto anch’io (The Set-Up) 1949 di Robert Wise

La trama in breve

Il pugile Stocker ha più sconfitte che vittorie nella sua carriera che ha ormai imboccato la parabola discendente. Il boxeur è però sempre alla ricerca del combattimento buono in cui primeggiare mentre il suo manager, uomo di pochi scrupoli, e alcuni banditi suoi alleati, hanno fatto i soldi con le scommesse clandestine sulle sue sconfitte. Quando Stocker, disobbedendo agli ordini del manager, si impunta e riesce a ottenere la sospirata vittoria, verrà brutalmente pestato al punto da non poter più salire su un ring.

Musical, Noir, Horror e anche film sul pugilato. Robert Wise è uno di quei grandi registi americani di una volta che riusciva ad adattarsi a sceneggiature e generi, non perdendo mai di vista l’importanza del soggetto ed una regia capace di mostrare una storia nel modo più appropriato.

Il film è tratto, anche se parzialmente stravolto in sede di trattamento, da un romanzo di Joseph Moncure March, The Set-Up. Wise all’epoca aveva già sfornato degli ottimi film, soprattutto noir, e riesce con questo film, coevo di un altro interessante film sul pugilato che è Il Grande Campione di Mark Robson, ad innescare un meccanismo noir in un film sullo sport.

Il film si apre con un’inquadratura sulle gambe dei pugili, che si muovono sul ring; Scorsese riprenderà questa idea per uno dei suoi massimi capolavori Toro Scatenato, questi pugili sono ritratti come una serie di uomini un po’ disperati, che cercano la gloria, il match perfetto e l’urlo della folla. Con un montaggio e una regia serrata, in poco più di settanta minuti Wise ci porta nell’ambiente pugilistico con grande bravura e ce lo fa vivere, nei primi minuti, con aria agrodolce, quasi da commedia corale.

Wise dirigerà pochi anni dopo, precisamente nel 1956 Lassù qualcuno mi ama, film che consacrerà Paul Newman come star mondiale, grazie alla magnetica interpretazione di Rocky Marciano. Il regista di Winchester come detto, era capace di spaziare da piccoli film come questo, a Colossal come West Side Story, ma in queste due incursioni nel genere sportivo è riuscito a tracciare due personaggi malinconici, dolenti, due perdenti. Stocker, interpretato da un magnifico Robert Ryan, è un ormai vecchio pugile che vuole vincere un’ultima volta e poi ritirarsi, intorno a lui si aggirano giovani ed inesperti pugili, ma anche agenti, allenatori e soprattutto tipi loschi. Il suo personaggio, che precede in ordine cronologico una serie di sportivi, principalmente pugili, dalla vita tragica, è di grande livello perché ci mostra la bellezza e la bruttezza del pugilato, nobile arte ma anche sport prediletto dalle mafie, vittima di scommesse e imbrogli.

Il ritmo è serrato, la regia senza sbavature, è importante in questo senso il rapporto tra il match sportivo e le reazioni del pubblico; Wise ci tiene molto a mostrare le reazioni scomposte e quasi vaneggianti, come fossero anche loro in trance agonistica, del pubblico che incita gli atleti ad uccidersi l’uno con l’altro, come facevano gli antichi romani con i gladiatori. La fotografia riesce poi a tratteggiare l’aspetto più oscuro e drammatico del film, che dall’incontro di pugilato in poi inizia ad incupirsi fino ad arrivare al dramma.

Il finale sancisce il dramma di un uomo che per il suo piccolo momento di gloria va incontro ad un brutto pestaggio e riesce ad essere il culmine e il momento più alto del lato noir del film: l’eroe, che eroe non è, non può nulla contro la realtà della box fatta di match truccati e grandi somme scommesse.

Un piccolo gioiello di fine anni Quaranta che fungerà da modello per tantissimi altri film sul pugilato: onesto, disincantato ma non cinico, lontano dai racconti patinati di molti film, pieno di quell’umore nero del cinema americano dell’epoca, interpretato e diretto benissimo; uno di quei piccoli gioielli che regge visivamente e tematicamente ancora oggi, grazie ad un ottimo montaggio e ad un’azione temporale che rispecchia la durata degli eventi, questo dà al film un respiro che va oltre la sua epoca, anche grazie all’epicità di un match ripreso con grande bravura, nonostante il misero budget.

Insieme ad Anima e Corpo di Robert Rossen è uno dei più influenti film di e sulla boxe dell’epoca, per ritmo, azione, montaggio e anche suspance.

Settanta minuti tirati, senza esitazioni, in cui viviamo la tragica vicenda di un boxer ormai alla fine della sua attività, in un mondo di sciacalli, con una moglie che lo aspetta per cambiare vita. Un film che ancora oggi riesce ad emozionare e regalare uno spettacolo degno dei migliori film del genere.

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