L’eroe della strada (Hard Times) (1975) di Walter Hill

Quanti treni abbiamo visto arrivare in città? Quanti eroi senza passato hanno calcato la scena? Quello dell’eroe venuto dal nulla (anche se in questo caso eroe non è la parola giusta), prima in letteratura e poi anche nel cinema, è un personaggio che ha colonizzato Hollywood, ovvero l’immaginario della più grande fabbrica dell’illusorio della storia moderna. Per tutto questo l’esordio di Walter Hill non poteva che partire da qui e dal più classico degli scenari Western di cui sarà, insieme ad Eastwood, l’autore di punta del cinema a venire.

La trama in breve:

Siamo negli anni Trenta, a New Orleans. Speedy, un organizzatore di incontri clandestini di pugilato a pugni nudi, trova la gallina dalle uova d’oro nella persona di Chaney, un lottatore non più tanto giovane. Chaney, dopo aver fatto fare un po’ di soldi a Speedy, se ne va, per ricomparire quando l’impresario si mette nei guai con degli strozzini. Dopo di che, il misterioso pugile scompare nel nulla.

Dopo gli anni di formazione come sceneggiatore, nello stesso anno di Detective Harper : Acqua alla gola di cui abbiamo scritto, Hill fa il suo esordio con un film che punta su alcuni aspetti vincenti.

Bronson è da tempo un eroe dell’action dei b-movies, passato alla storia per ruoli mitici: La grande fuga, I magnifici sette sempre per Sturges e poi in C’era una volta il west, ma la vorrei ricordare anche in un piccola particina del magnifico Vera Cruz di Robert Aldrich. In questo film Bronson è in veste di uomo senza passato, tutto muscoli e cuore, con poche battute; tutto il contrario rispetto alla dinamicità del personaggio di Coburn, che è invece un sbruffone e chiacchierone.

La coppia regge bene il film e si crea un buon feeling tra i due. Sullo sfondo c’è poi l’aspetto storico, quello di un’America depressa, in cui girano pochi soldi e bisogna arrangiarsi come si può. Ovviamente la sceneggiatura ne parla ma lasciando tutto nel fondale; assume invece grande importanza l’evento “sportivo” degli incontri di pugilato a mano nuda. Hill tornerà su questo tema esattamente ventisette anni dopo, con il film Undisputed.

Tornando all’inizio in cui parlavamo del genere western, L’eroe della strada è più precisamente un western urbano, in quanto prende tutti gli stilemi del genere e lì porta negli anni’30.

Il protagonista è un uomo senza passato, l’ho già detto, è un uomo leale che ha i tipici tratti di un certo tipo di western e se vogliamo di noir; come sappiamo, Hill è cresciuto tra il western e il noir americano ma anche francese, è un uomo che rispetta le donne e crede fondamentalmente solo ad una cosa, alla propria parola e alla necessità di preservare la sua libertà ed incolumità.

Il protagonista appare dal nulla, scendendo da un treno, e scompare nel nulla: è un frutto della mente, è un personaggio letterario. Le dinamiche poi della scrittura sono molto classiche, e il regista Hill entrerà ed uscirà per i decenni successivi dalle regole del cinema classico, tentando di modularle a modo suo; qui dirige con mano fermissima e con un ritmo eccezionale per un esordiente.

Hill poi tornerà più volte su storie di coppie con caratteri contrapposti, parlerà ancora di amicizie virili, di eroi solitari e venuti dal nulla; gli esordi degli autori racchiudono sempre i semi dell’intera filmografia e in questo caso la regola viene rispettata.

Azione e commedia si mischiano in poco più di 90 minuti che hanno ritmo e, pur nella loro semplicità, convincono per lo studio dei caratteri, per la spettacolarità degli incontri mai eccessivi: Hill sa bene quello che vuole ottenere, è un uomo di cinema e lo ottiene da questo piccolo ma riuscito esordio.

Il rapporto tra i due protagonisti, la lealtà finale, seppur racchiusa in dinamiche ben note, ha una forza intrinseca che non si può negare. Questo film è lontanissimo dal cinema a seguire, dagli eccessi degli anni’80 che saranno anche in Hill, nella ricerca di un superamento del classicismo; qui c’è una leggerezza, una semplicità ed armonia che mettono “malinconia”.

Giocando con alcune carte vincenti il nostro si dimostra da subito attento allo spettatore, ma anche al suo modo di far cinema, al genere e alla tradizione che vuole rileggere.

Ultima notazione: il montatore del film è  Roger Spottiswoode che poi avrà una discreta carriera come regista.

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