Avatar: La via dell’acqua (2022) di James Cameron

Come diceva qualcuno: mai scommettere contro James Cameron! Questo sequel del “rivoluzionario” Avatar conferma in pieno questa frase.

La trama in breve:

Jake Sully vive con la sua nuova famiglia sul pianeta Pandora. Ma quando un’antica e familiare minaccia torna ad affacciarsi per concludere quel che era stato iniziato un tempo, Jake dovrà nuovamente collaborare con Meytiri e l’esercito dei Na’vi per proteggere il loro incredibile pianeta. Jake e Naytiri saranno pertanto costretti a lasciare la loro casa ed esplorare varie regioni di Pandora.

Se cercate un condensato del modo di narrare della grande Hollywood, lo troverete proprio ne La via dell’acqua. Cameron e soci racchiudono nel film una babele di riferimenti a tutto il cinema che è stato, giocando, solo in parte, con i cliché dei generi.

Se il primo film aveva uno sguardo ben preciso, con riferimenti più che evidenti (Alien, Balla coi Lupi ecc.), qui il guerriero che tradisce la sua natura e il suo mondo, per amore e per lealtà verso il suo nuovo popolo, è diventato un capo famiglia e un capo guerriero.

Ma è nel solco della famiglia, oltre che dell’ecologia, che il film basa molti sui macro-aspetti: una famiglia che accoglie le differenze, i meticci e, nonostante gli scontri interni, cerca di mantenere nella condivisione e nell’unione la sua forza anche dopo i traumi.

Le prime due parti, e due ore, ci mostrano questo nuovo lato marino di Pandora e le tribù che la popolano, sempre in armonia con l’acqua e la sua fauna vegetale ed animale. L’acqua, del resto, è un elemento che è sempre presente nel cinema di Cameron, e qui è uno dei motori dell’azione.

Molto spazio viene dedicato al rapporto tra genitori e figli, all’ereditarietà che si riceve per poi lasciarla, molto altro all’incontro – scontro tra diversi, vedi i rapporti tra i figli dei due capi tribù.

In questa occasione, forse ancora più che nel primo film, non ci sono grigi, con buoni e cattivi totalmente distinti; ed è il cinema americano per eccellenza, a volte manicheo e scontato, che ci fa immaginare un mondo in cui esistono dei buoni che lottano contro dei cattivi e, in parte, vincono … E’ solo Cinema ma a volte fa proprio bene al cuore e, in questo caso, agli occhi.

La parte finale, che dura circa un’ora, è un’esplosione di spari, scontri in acqua, in aria, di frecce, coltelli, duelli fisici con animali, attraverso le macchine, e ancora esplosioni, vendette, intrecci dentro gli intrecci … Tutto l’action degli ultimi cinquant’anni è riportato alla memoria dello spettatore, si pensi a Lo Squalo e ovviamente ad Alien; Cameron riesce ad essere ancora una volta il fautore di uno spettacolo unico, gigantesco eppure umano.

Il rapporto tra i cinque Sully’s, il rapporto tra i nuovi familiari acquisiti e poi lo struggente rapporto di anime tra i nativi di Pandora e i re del mare che, badate bene, essendo molto intelligenti, decidono che l’omicidio e la violenza debbano essere bandite perché inaccettabili; e intanto gli uomini, per soldi, brama e vendetta, cercano in tutti i modi di uccidere, depredare e distruggere.

Il film, nonostante la durata, riesce ad emozionare anche attraverso l’uso dei massimi cliché del “genere”, riuscendo a proseguire il suo discorso ecologista, abbracciando una poetica familiare/personale/ umana e infine regalando momenti d’azione come pochissimi altri film sono in grado di fare.

Insomma, Cameron torna dopo tredici anni ed è ancora in grado di dettare le regole del gioco, superando in epicità il mondo Marvel, sopravanzando come azione quasi tutto quello che si vede in giro; senza dimenticare gli stilemi del cinema americano a cui fa riferimento, portandoli quasi alle estreme conseguenze, come se oltre questo non ci fosse la possibilità di andare, riuscendo persino ad essere attuale e dentro alle dinamiche del cinema degli ultimi anni.

Un film da vedere, al cinema, ed uscire pieni di emozioni e pensieri, chissà, forse anche negativi ma poco conta, se si cerca il Grande cinema; qui ci sono momenti assoluti, con un’ultima ora da infarto, nonostante la sua reiterazione fino allo sfinimento.

Ci sarebbe poi da indagare a livello generale il rapporto tra il cinema (americano e non solo) e la violenza, che qui assume alcuni ruoli tipici. Vi compare l’oppressore che vuole distruggere il nuovo mondo (leggasi ancora e sempre USA), ma anche l’oppresso che si difende; però la scala si fa più micro, inserendosi lo scontro tra chi ha tradito e chi si sente tradito, in un contesto di vendetta familiare. Dunque la violenza viene assolta e giustificata in nome di meccanismi che tutti noi dovremmo inquadrare nel giusto modo: se c’è un cattivo così evidente, in pochi saranno inclini a non parteggiare per chi usa violenza contro di lui. Certo nel film c’è l’esempio virtuoso di una specie più intelligente, lo dice il biologo, che sceglie la pace anche a rischio della vita.

Infine, Cameron sceglie la famiglia e l’amore come unico rifugio, come unica risposta ad un mondo che vuole solo (auto-)distrugger(si)-e: l’aveva già fatto in Aliens, e poi in Terminator 2, ed ora continua con Avatar 2. Il signore dei sequel non si smentisce; in un Cinema pieno di contraddizioni e retorica, riesce a dimostrarsi ancora una volta un maestro dello spettacolo con la S maiuscola.

Vedetelo il film, in sala e in 3d.

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