La Mano (The Hand) (1981) di Oliver Stone

Di Matteo Bonanni

La trama in breve:

Un incidente d’auto mutila una mano a un disegnatore di fumetti. Ma la mano tranciata va in giro da sola (almeno così sembra) commettendo delitti vagheggiati dal suo ex proprietario.

Un giovane Oliver Stone dirige il suo secondo film, il primo (Seizure) era sempre un horror. In questa fase di carriera il futuro regista di “Jfk” si è concentrato più sulle sceneggiature, tra cui Fuga di mezzanotte per cui vinse il Premio Oscar, Conan il barbaro, Scarface, L’anno del dragone , 8 milioni di modi per morire che non nella regia, da “Salvador” in poi sarà un regista in piena attività.

Stone in questo film è molto lontano dai temi che poi affronterà, dal Vietnam alla storia americana, all’influenza americana nel resto del mondo; si confronta con il genere come ha fatto spesso da sceneggiatore, basta leggere la lista qui sopra. Nella fattispecie con il thriller/horror e con un “sotto genere” come quello degli arti e soprattutto delle mani tagliate che spesso è stato protagonista dell’horror  tra gli anni ’30 e ’60; come on citare poi Mano della Famiglia Adams.

Arriviamo a The Hand, Il protagonista segue un’escalation psicotica che lo porterà sempre di più a confrontarsi con la sua parte oscura, essendo il protagonista un’artista il film riflette in parte sulla creazione di un’opera; tema centrale di molti libri di Stephen King ma non solo.

Ci sono momenti che riescono ad avere una forza visiva, come anche il ricorso al bianconero sempre nei passaggi onirici; le scene violente sono ben girate e riescono ad andare incontro ai fan del genere. Il tutto è dominato e guidato dalla bravura di Michael Caine che l’anno prima era stato nel gigantesco “Dressed to kill” di De Palma, Caine qui può sfogare tutto il suo “gigionismo” ma riesce comunque a rendere efficace il ruolo.

La successione degli eventi è abbastanza semplice se non scontata eppure il film riesce a rimanere affascinante, sarà forse per il ghigno del protagonista o per l’ottima fotografia che riesce a catturare le atmosfere cittadine come anche quelle di campagna.

Stone dirige rimanendo fedele ai canoni del genere, riesce a gestire in parte il piccolo dramma familiare/di coppia e la parte “horror” spingendo molto su alcune scene di indubbia efficacia come quella dell’incidente che ri-apparirà più volete nella mente del protagonista, con un rallenty che ha molti rimandi a film anni ’70.

Il finale con il confronto tra il protagonista e una psicoanalista è scontato ma segue pedissequamente una dinamica tipica del genere.

Il film si segnala in primis per la tenuta della storia, anche se non originale, per una regia anomala all’interno della filmografia del regista, per la prova di Caine, che riesce ad essere diabolico eppure credibile, e per la forza di alcune immagini.

Lato effetti ed “effettacci” la mano che cammina e uccide è ben animata e ripresa. Un piccolo film sicuramente ma che riesce a regalare momenti di tensione, che può essere un piacere cinefilo come per i fan del genere ma godibile anche, dopo 40 anni, per il resto del pubblico.

 

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