Le Amiche (1955) di Michelangelo Antonioni

Di Matteo Bonanni

Una donna si sta per fare il bagno in albergo, è appena tornata dopo anni nella sua Torino, viene interrotta e inizia tutt’altra storia, la storia del film. La stessa donna alla fine del film torna a Roma, fugge praticamente. Antonioni al suo quarto lungometraggio parte dal libro di Cesare Pavese per approfondire alcuni temi centrali della sua opera.

La trama in breve:

Sbarcata a Torino per lavoro, la giovane romana Clelia conosce Rosetta in circostanze drammatiche (la ragazza infatti ha appena tentato il suicidio per amore) e successivamente le sue amiche, variamente coinvolte in vicende sentimentali critiche che sembrano affrontare con la massima disinvoltura. Disinvoltura che manca a Rosetta: tenterà una seconda volta di togliersi la vita. Clelia, dapprima propensa a fermarsi a Torino, torna a Roma.

In vari momenti, come all’inizio, la donna si guarda allo specchio, gli specchi e i riflessi del resto torneranno spesso nel film; si specchia e cerca di capire chi è: se quella bimba povera di Torino o la bella donna emancipata che è ora, il ritorno nella città natia e l’incontro con la giovane borghesia del posto non può che innescare e con grande forza questo scontro.

Sparizioni, fughe, suicidi, spesso il cinema di Antonioni prende il via da uno di questi passaggi, se volete da un vuoto lasciato da qualcuno (spesso una donna) che non c’è, che è assente in modo traumatico. Del resto l’assenza e la morte già permeavano “Cronaca di un amore” per la morte dell’amica della protagonista, né “la signora senza camelie” è il marito della protagonista a tentare il suicidio, mentre in “tentato suicidio” è proprio il suicidio ad essere il tema conduttore.

Antonioni ragionerà ancora a lungo su questi temi; qui ci mostra in modo circolare le contraddizioni e le complessità di una donna alle prese con il suo passato e il suo presente, alle prese con il sentimento che si scontra con l’emancipazione personale; tutto questo è attorniato da una vivisezione di questa borghesia malevola, svogliata e gretta.

I riti della borghesia: le cene, i tradimenti, le git(arell)e, le spese, la finzione; il tutto racconta e si fa segno attraverso: dialoghi e fatti (prima dei silenzi e delle geometrie dei capolavori successivi) di un vuoto di sentimenti, di idee, e di umanità di questi personaggi, svuotati di molti aspetti ancestrali e incapaci di comunicare, se non a volte urlando, tra di loro e con gli altri.

La scena della spiaggia diverrà un tema centrale del cinema italiano, si pensi a quella due anni prima né “i vitelloni” di Fellini; è uno di luoghi che diventeranno simbolo dell’Italia del boom e delle sue tante contraddizioni e anche qui svolge un ruolo cruciale all’interno del racconto e nello sviluppo dei caratteri dei protagonisti.

Il film si aggira intorno alla morte, il tentato e poi riuscito suicidio di Rosetta, il suicidio dell’autore del libro (qualche anno prima) Pavese, una generazione (anche se Pavese e Antonioni sono più grandi dei protagonisti), che non riesce più a dare valore alle cose, alla vita; mentre patisce, e riporta ogni gioia o delusione sul lato amoroso e tutto si sgretola quando un amore finisce (come diceva la voce narrante anche in “tentato suicidio”). Anche se la protagonista con il suo atteggiamento è all’opposto di questo assunto, lei ormai si è emancipata e non può rinunciare a questo aspetto per nulla o nessuno, è un confronto-scontro questo tra lei e Rosetta, così agli antipodi.

Antonioni ormai è padrone della mdp e mostra questa chiusura mentale, questa incapacità di vedere oltre; il tutto è plasticamente mostrato/inquadrato attraverso i luoghi che i personaggi abitano:  dentro ad un negozio (che potrebbe rappresentare per la protagonista una rinascita ma che invece è la fine di questo ritorno al passato), in un ristorante, dentro le case della borghesia.

“Le amiche” è un passaggio fondamentale per il suo cinema, qui ancora descrittivo e molto linguistico, poi più astratto e visivo, ma è questo film a dargli forza per le due opere successive che avranno la forza rivoluzionaria che sappiamo.

Tornando agli specchi, alla relazione con se stessa della protagonista, il film traccia un racconto esistenziale per questa donna attraverso la circolarità del racconto; la protagonista si confronta col suo passato attraverso il presente e gli incontri, con quello che voleva e che era, con quello che vuole essere oggi, certamente regna anche la confusione ma nel finale, attraverso dei gesti, senza psicologia, il suo tragitto  è segnato, ed è di tornare a Roma.

Il neorealismo ormai è lontano, Antonioni ne è distante, ma il suo racconto del paese avviene attraverso le storie e le psicologie di questi personaggi; l’ambiente che entra dentro al personaggio e lo permea.

Il film vinse ex aequo il Leone d’argento alla Mostra del cinema di Venezia, però non fu un successo (come del resto gran parte dei film del regista), in un anno che è molto importante per il cinema italiano che si sta lasciando alle spalle il neorealismo.

Oltre a “Le Amiche” escono “il Bidone” di Fellini (su i due autori si potrebbe fare un discorso obliquo), “Il ferroviere” di Germi (autore sempre al lato di tutto), “Il segno di venere” di Risi (primo grande successo del regista), “un eroe dei nostri tempi” di Monicelli (primo grande successo senza Steno), “Gli sbandati” di Maselli (il suo esordio), “Gli innamorati” di Bolognini. Un anno importante per il cinema italiano e un film decisivo, oltre che attuale e di grande impatto, per il maestro di Ferrara.

 

 

 

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