L’Anticristo (1974) di Alberto De Martino

Di Matteo Bonanni

Se, nello scrivere su “L’esorcista II: l’Eretico”, avevamo affrontato l’universo cinematografico de ” L’esorcista” di Friedkin, ora parliamo di una versione all’italiana, che parte però da una prospettiva diversa.

La trama in breve:

Una giovane figlia di nobili romani, di nome Ippolita, è semiparalizzata da anni. Convinto dell’origine psichica del problema, uno psichiatra pensa di risolverlo con le armi della scienza. Viene a galla un quadro familiare caratterizzato da relazioni edipiche e incestuose, ma non basta: la ragazza va liberata dal demonio.

La cinematografia italiana per anni ha omaggiato, parodiato e ripreso alcuni filoni del cinema americano; si pensi ovviamente al Western che lo stesso De Martino ha interpretato, per arrivare alle parodie comiche ma non solo. De Martino & co. affrontano qui il capolavoro, uscito l’anno prima, di Friedkin “’l’Esorcista”.

La sequenza iniziale ci porta subito dentro ad una Roma cupa e decadente, dandoci l’atmosfera che poi incontreremo in tutto il film; una serie di storpi che fanno penitenza e chiedono la grazia alla Madonna dei Sette Dolori, in una scena che si conclude con un suicidio, riproposta più avanti nel film. La protagonista è una di loro ma non riesce a chiedere penitenza, tocca solamente la statua della madonna.

La prima metà del film è quella più a fuoco, discostandosi dal capostipite del gener.  Capiamo che la protagonista non cammina per un blocco mentale causato da un trauma, risultando  evidente anche il suo complesso di Elettra, approfondendo dunque in parte il lato psicologico; a poco a poco entra nella sceneggiatura il rimando ad un’ava della protagonista, bruciata all’epoca come strega, adorante del diavolo.

Nei momenti onirici la regia e la fotografia di Massaccesi (Joe d’Amato) riescono a dare il meglio, ma tutto il comparto tecnico e attoriale è ottimo; il film inizia a perdere forza nella seconda parte quando gli effetti “diabolici” crescono e il confronto inevitabile con L’Esorcista si fa impietoso.

La sensazione generale, che rimane anche dopo quasi cinquant’anni dall’uscita del film, è che c’erano gli elementi per realizzare un piccolo grande film, allontanandosi anche dal film americano, puntando molto sul lato onirico e sul confronto tra generazioni.

La scenografia e le ambientazioni sono suggestive e riescono a conferire forza alla pellicola, il cast è ben diretto, Ferrer è un po’ stralunato, e spicca la Gravina in un’interpretazione non facile; il finale nel Colosseo è da ricordare, seppur la scena dell’esorcismo risulti quasi ridicola.

Ottima la colonna sonora di Morricone, che si confronterà ancora con L’Esorcista nel film di Boorman di tre anni dopo, di cui abbiamo parlato.

De Martino, nel cimentarsi con vari generi, diventerà col tempo anche un piccolo maestro dell’horror. Proprio in questo caso l’Horror è un po’ lontano dalla pellicola, essendo certamente un film di effetti, di immagini che soprattutto all’epoca potevano suggestionare lo spettatore ma per il resto è un dramma da camera o quasi, un dramma familiare.

Non ci sono ne “L’anticristo” particolari domande filosofiche, c’è sì il confronto tra scienza e religione ma non è particolarmente interessante, almeno quanto risulti interessante vedere come il massimo del turbamento possibile da parte di una donna (“indemoniata” sì esclusivamente a sfondo sessuale), sia un segno dei tempi. Anche perché, in questo caso, la protagonista non è una bambina ma una donna adulta che non ha mai avuto rapporti sessuali e che vorrebbe per sé sia il padre che il fratello.

Ci sono tanti spunti nel film, che gli aspetti quasi ridicoli di cui si parlava non riescono a cancellare. Sono presenti immagini di indubbia potenza, come detto l’incipit, la Gravina con gli occhi bianchi e la bava alla bocca, l’incontro con il ragazzo in gita, le scene oniriche; il montaggio in questo senso riesce, insieme alle musiche di Morricone, a dare ritmo alla storia che di per sé rischierebbe di scemare.

Oltre a Carla Gravina bisogna segnalare la partecipazione di Arthur Kennedy, mito del Western ma non solo, l’ottima prova di Orsini, il piccolo ruolo di Scaccia che sempre in quell’anno sarà in un cult horror come “Il profumo della signora in nero”, e un giovane Girotti.

Se si vuole rimanere nell’ambito delle visioni al limite di cui stiamo parlando da qualche settimana, L’Anticristo è una di quelle, non solo un’imitazione del film del compianto Friedkin ma anche un film degno e con più di un aspetto da approfondire.

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