Fantasie di una tredicenne (Valerie a týden divů) (1970) di Jaromil Jireš

Di Matteo Bonanni

La trama in breve:

Le complicate vicende di Valerie, una tredicenne che vive in casa della nonna, e che è al centro di una serie di avvenimenti che coinvolgono vampiri, sortilegi, trasformazioni e scoperte.

Dopo l’Anticristo torniamo ancora indietro, siamo nel 1970 anno di passaggio molto importante nella storia del cinema, il film fa parte di una nuova corrente Novà Vlna (nuova onda) che prosegue gli esperimenti iniziati in Inghilterra (Free cinema) in Francia (Nouvelle Vague) e in gran parte del mondo.

Ci ritroviamo in una fiaba o meglio un sogno/incubo ad occhi aperti. La settimana di Valerie è all’insegna della scoperta della sessualità, nella sua mente e quindi anche in quella degli autori, ci sono preti ninfomani, incesti ricorrenti, mostri dall’aspetto vampiresco.

La ragazzina oggi sarebbe definita binaria, ha passioni per uomini e per donne; tutti si baciano nel film, i simboli(smi) sono tanti, forse a volte anche troppi, ma Fantasie di una tredicenne  è un film che va seguito senza interpretare dettaglio per dettaglio, non durante la visione almeno.

Tanti i rimandi al cinema simbolista, su tutti al cinema da una parta di Bunuel e in altri modi a quello di  Bergman.

Da notare questa dominante cromatica che abbina il bianco al nero, il bianco verginale di Valerie e il nero funesto del vampiro e dell’oblio. Il resto dei colori del film sono squillanti, risaltano e si mostrano in tutta la loro forza.

È un film caleidoscopico, scandaloso (per l’epoca) eppure mai volgare o eccessivo, le fantasie si susseguono; il mostro cambia di natura, come fanno gli altri personaggi, l’incubo diventa storia d’amore e viceversa, la nonna torna giovane e bellissima. C’è un culto della vanità a guidare gran parte del sogno/film e c’è la voglia di scoprire, soprattutto la sessualità, da parte della giovane donna.

Nel finale si balla come in Bergman e in Fellini, e ci si accoppia; il mostro, gli “zombie” i parenti e Valerie, poi tutto finisce, Valerie dorme.

Il film è sicuramente figlio di una stagione d’oro, un cinema surreale, onirico eppure politico. Colori, regia e colonna sonora danno forza ad un viaggio lisergico eppure con momenti di grande candore, nella mente di una ragazzina che è appena diventata donna. L’aspetto orrorifico è legato a stilemi del genere che sono  precedente al “nuovo horror” all’ondata americana dettata dall’arrivo dei vari Romero, Hopper ecc.…; ci sono le cripte, i vampiri, gli animali uccisi, è un horror della mente ma impregnato di candeggina perché esce dalla mente di una ragazzina.

La visione si conserve ancora oggi “al limite” per questo suo traghettarci nei meandri della mente, per queste immagini potenti e candide (soprattutto oggi), forti eppure di un universo ormai lontano. Un piccolo cult dell’est europeo che parte da ispirazioni molto importanti e che riesce a condensare più umori e toni: grottesco, horror, satirica politica, visioni deliranti e poetiche. Il finale poi conserva una dose importante di magia, la magia del cinema e la potenza delle immagini.

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