Nope: l’indecifrabile Enigma di Jordan Peele.

Di Michela Califano

Arriva quasi in punta di piedi nell’Agosto torrido appena trascorso il terzo film di carriera del poliedrico regista e non solo  Jordan Peele; parliamo di Nope, un intricato puzzle di inaspettata uniformità cui vi sarà impossibile logica comprensione.

Ci troviamo in una gola della California dove un istruttore di cavalli per produzioni cinematografiche e televisive interpretato da Keith David viene improvvisamente travolto durante un addestramento nel suo ranch da inspiegabile oggetto in cielo. in seguito a tale morte accidentale saranno i due figli del proprietario Oj (Daniel Kaluuya) e Em (Keke Palmer) a prendere le redini dell’Otis Haywood Sr. Tra iniziali problemi economici e difficoltà ad avviare i cavalli nel settore cinematografico, Oj si trova costretto a dover vendere maggior parte degli animali a Jupe Park (Steven Yeun) proprietario di uno stravagante Luna Park aperto proprio nella gola. A leggere le prime righe sarebbe tutto così lineare se non fosse però per un piccolo particolare: una serie di sparizioni, omicidi e rumori inumani causati proprio da quell’esatto cielo. Se vi dicessi che tra tutte le nuvole in movimento vi è una che non sposta mai il suo percorso, che rimane lì ferma ad osservare quanto accade sulla terra nella totale mimesi di vita quotidiana, se vi dicessi che quanto vedete è altro da ciò per cui esso si mostra? Il resto lo lascio a vostra immaginazione.

Di una sceneggiatura cadenzale che mira quasi alla staticità e in sterotipazioni di personaggi che portano il tutto al fittizio, a dare particolarità all’intera pellicola non è solo l’uso di più generi Cinematografici intersecati tra loro (Western, Horror, Sci-Fi,Giallo) o  non è solo l’impiego di opposti generi musicali a cura del compositore Michael Abels ma l’idea di montaggio adottata da Nicholas Monsour. il gioco è ripetitivo, forse fino all’estremo: abbiamo un titolo iniziale dell’azione, un evento inusuale, un momento apice e improvvisa sospensione; il  tutto a ripetizione segmentata sino al disvelamento summo nell’ultimo frame di pellicola. È quasi come se ci trovassimo a dover costruire un puzzle di mille pezzi cui ogni volta tanto ci si avvicina alla soluzione, tanto siamo costretti a rinviare nuovamente il tutto. Di tutta questa segmentazione narrativa la macchina da presa svolge il duplice ruolo di essere esterna ed interna al racconto stesso: semplice illustratrice di eventi e situazioni ma anche  seconda coscienza distaccata da quanto si dovrebbe proiettare, quasi come se fosse altra persona, altro occhio, altra mente captiva. Se c’è forse un elemento che mette tutti d’accordo all’interno dell’intera pellicola  questa è sicuramente la fotografia; anche qui Jordan Peele chiama in campo un colosso del campo cui nome Hoyte Van Hoytema e basti pensare a semplici collaborazioni con Christopher Nolan, Spike Jonze e tanto altro per capirne la portata – scusatemi se questo è dir poco. 

Cos’è dunque Nope? Nulla se non indecifrabile e captivo puzzle che vi farà alzare da poltrona di sala Cinematografica con forse unica domanda in testa – Esattamente, cosa ho visto? – Questa è la macabra e vincente particolarità della pellicola. 

A te decifrare il disegno, a te darmi filo logico all’enigma.

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