52 – Gioca o muori (52 Pick Up) (1986) di John Frankenheimer

Di Matteo Bonanni

LA, la mdp ci mostra la città dall’alto, a poco a poco si avvicina ad una piscina: un uomo, cinquantenne, in forma, esce dalla vasca, guarda verso la moglie con fare ammiccante. I due si vestono ed escono con le loro belle macchine, vanno a lavoro, capiamo che si tratta di una coppia di successo, sembra l’inizio di una bella commedia sugli anni’80, sul benessere, e invece inizia un piccolo incubo personale.

John Frankenheimer è un regista di culto, qui si confronta con uno dei film più “noir” della sua carriera; l’autore e sceneggiatore del resto è Elmore Leonard, autore importante per il genere.

Il protagonista si ritrova, con lui anche la moglie, in una storia più grande di lui. Ricattato, non può far altro che cercare di capire chi lo ricatta per fermarlo; la sua vita si scompone ogni minuto di più, non ha più certezze.

Come spesso accade nel noir, la vicenda d’azione è lo spunto per guardare alle relazioni, alla società. L’avidità di fondo della storia è certamente uno dei suoi tratti più inquietanti; i cattivi qui non sono criminali incalliti, nemmeno degli assassini per professione ma sono tre uomini abbastanza giovani che vogliono “fare soldi” facili, che non si fanno scrupoli a ricattare o ad uccidere. Spesso nel film il tono di questi personaggi è quasi parodistico e a volte il registro degli attori è fuori giri, quasi non al livello, soprattutto nei confronti del consueto e muscolare Roy Scheider, eroe del genere.

L’infedeltà di fondo che dà il via al ricatto porta il protagonista a ricercare la verità di questa storia, ad esaminare affannosamente per capire a chi fosse legata la ragazza che era d’accordo con gli estorsori. Appaiono locali di strip, set di film porno, feste sfrenate: siamo negli anni’80, è tutto così kitsch eppure così drammatico.

È drammatica l’amoralità di quasi tutti i personaggi mostrati, e la storia viene girata dal regista con uno stile nevrotico, scattante, fatto di macchina a mano, piani sequenza e mobilità assoluta. Frankenheimer è ancora un maestro capace di stare addosso ai personaggi, di mostrarceli attraverso i gesti, gli sguardi, di mostrarci attraverso l’azione momenti reali della società che descrive.

Frankenheimer tornerà ancora al noir due anni dopo con “Dead Bang”, con un poliziotto ( Don Johnson) che si è appena divorziato e che si ritrova a dare la caccia ad un gruppo di neo-nazisti e poi, dieci anni più tardi ancora con “Ronin”. Ma tornando indietro, quando vediamo Ann Margaret che viene forzata a drogarsi non possiamo non ricordare il tremendo viaggio infernale di Popoye Doyle (Gene Hackman) in “Il braccio violento delle legge 2” proprio del regista.

Nell’accumulare momenti quasi da horror (c’è uno snaff movies assolutamente ben fatto, i vari rapimenti, le violenze, le uccisioni), il film non perde mai di forza o credibilità e anzi è con questi passaggi e con questa sfrontatezza visiva che riesce a rimanere nella mente dello spettatore e distanziarsi da molti prodotti crime dell’epoca. In questa storia di tradimento di un cinquantenne di successo che deve far di tutto per salvare la sua vita e quella della moglie, non possiamo non notare la fine totale di qualsiasi idea di relazione e di famiglia.

Solo il personaggio della moglie è un personaggio dai tratti positivi; il resto, tra cui il protagonista, ha solo connotazioni negative.

Questa discesa in un mondo sconosciuto, tra locali e set porno, non può che farci ricordare “Hardcore”, epocale film di Schrader che tanto ha segnato il cinema successivo; ma è interessante notare come il personaggio più nefasto del film, il più violento, sadico ed amorale sia anche un regista, di film porno; è proprio lui che guida la sua banda in ogni azione, è lui che dice alla ragazza cosa fare prima, mentre registra la sua morte, è sempre lui che parla di recitazione, che monta il film, che vuole, come un regista, manipolare i personaggi, le immagini, l’azione.

Il finale, con la morte catartica di tutti i cattivi, ricostituisce la coppia, non certo felice, ma viva. Il percorso ha avuto mille zone impervie ma i due ce l’hanno fatta e, se vogliamo, questo è uno stravolgimento nell’ambito del genere noir. E’ interessante infine notare come viene mostrata la città: c’è la mega villa dei protagonisti, gli uffici nei grattaceli, la fabbrica, i locali e infine il porto.

Il porto è un posto malfamato come lo sono i garage fuori mano, ovvero in questi posti al confine della città dove può accadere di tutto; ma può accadere di tutto anche negli hotel a quattro stelle, anche perché è lì che inizia tutto. Dunque nessuno è al sicuro, l’uomo borghese è ricattato, la sua voglia di evasione, di fare da “paparino” deve essere punita e come se non togliendoli i soldi, nei porti, di notte come di giorno, ma anche in un bell’hotel dove l’amante ha la camera pagata; è in tutti questi posti che il noir può deflagrare i suoi protagonisti e mostrarli per quelli che sono, con tutte le loro paure e nevrosi, con tutti i loro feticci.

Frankenheimer allora si diverte, fuori dagli schemi del cinema precedente ma anche da quelli degli anni’ 80, e Scheider ha il fisico e la faccia giusta, ancora una volta, in un piccolo ottimo noir anni’80…poi tutto cambierà ancora, nel genere, con il pulp degli anni’90, ma questa è un’altra storia.

Ann-Margret

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