Il ladro che venne a pranzo (The Thief Who Came to Dinner) (1973) di Bud Yorkin

 

La trama in breve:

Un ingegnere elettronico, ben inserito negli ambienti dell’alta società di Houston, si dedica scientificamente al furto dei gioielli. Lo bracca un tenace detective.

Continuando l’approfondimento sul cinema di Walter Hill e tornando indietro ad una delle sue prima sceneggiature, mi imbatto in questa commedia.

Partiamo dal regista, Yorkin, produttore e regista per il cinema e per la tv, noto forse più per essere uno dei produttori di Blade Runner che non per altri motivi; specialista a suo modo delle commedie, come in questo caso.

Il film ha vari toni, ragiona, poco, sulla nuova tecnologia dell’epoca. E’ un film incentrato su un ladro, con la presenza di un lato romantico, dando un interessante sguardo al problema della coppia negli anni’ 70: i personaggi infatti sono tutti, o quasi, divorziati e disillusi. Infine è presente il lato della commedia, in cui dovrebbe dominare O’Neal.

A proposito di O’Neal, è lui il motore del film, all’epoca il pupillo di Bogdanovich e molto apprezzato; in questo film dovrebbe gigioneggiare qui e là ma non riesce a dare un tono, un ritmo a questo personaggio che dunque rimane monocorde; un uomo che decide di abbandonare la sua vita per diventare altro, per godersi la vita e il rischio.

Il resto del casto è di livello assoluto; oltre alla bellissima e brava Bissett, perfettamente in parte, c’è Oates. L’attore nativo nel Kentucky, come sappiamo, è un degli attori più incredibili degli anni’ 70 con Peckinpah, Hellman, ed altri ha regalato prove uniche; qui invece, forse non convinto dal film, è imbolsito e alquanto inefficace in un ruolo poco adatto al suo estro.

Una commedia su una simpatica canaglia, come tante, ma con un ritmo claudicante, una regia semplice, una trama scontata, se non per la trovata iniziale dello scontro buono/cattivo, che non ha forza neanche quando cerca di assimilare i due personaggi; un film senza un vero obbiettivo se non quello di dare una passerella ai suoi bravi protagonisti.

Allora dov’è Hill e dove sono i punti di cui mi interessa parlare? Intanto come è evidente c’è l’aspetto dell’uomo che esce dalla società civile, qui in chiave di commedia, ci sono i furti e l’aspetto delinquenziale in cui non penso però che Hill possa aver messo mano; c’è un inseguimento tipico del cinema post Bullitt, e questo inseguimento, normalissimo, unito ad O’Neal, ci porta cinque anni più avanti e in particolare a The Driver.

O’Neal pochi anni dopo, nonostante la stupenda prova in Barry Lyndon, sarà messo un po’ fuori gioco e darà una delle prove della vita nel primo vero film di Hill; anche lì sarà monolitico nelle espressioni ma assolutamente adatto al ruolo.

In The Thief Who Came to Dinner  dunque Hill si è confrontato a modo suo con la commedia, avendo l’abilità di inserirla soprattutto nei confronti trai caratteri diversi (vedi Hard Times, 48 ore ecc.). Qui cerca, come può, di dare forma ad un film che pare definirsi fin dall’inizio e senza possibilità di essere altro rispetto ad una commedia semplice e un po’ scontata su una bella canaglia.

A parte questi aspetti che uniscono il film alla filmografia di Hill, non c’è molto altro da dire, per un’opera che non offre molto di più e che ormai è alquanto invisibile.

 

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