El Gran Movimiento (2021) di Kino Russo

Di Matteo Bonanni

Avendo avuto il piacere di introdurre El Gran Movimiento alla proiezione tenuta all’Istituto francese di Roma, ho potuto poi scrivere e riflettere sul film.
“El gran movimiento” è la seconda opera di Kino Russo, presentata al 78esimo Festival del cinema di Venezia.
Il film parte e si incentra a La Paz, che è la capitale meno occidentale d’America. Situata a oltre 3600 metri d’altitudine.
Non si può non partire da La Paz, la città è il fulcro del film, il regista ce la mostra, spesso, attraverso dei lunghi, a volte faticosi, zoom che ne inquadrano la forma, questo dislivello tra la vetta e la parte centrale della città; come se questo aspetto della città fosse una sua caratteristica, anche, social-economica.
Come in tutte le città le disparità sono elevatissime, ma Russo si concentra sicuramente di più sui suoi personaggi, che sono emarginati dal contesto; persone che vivono ed emanano una sofferenza totale.
La città viene raccontata attraverso vari personaggi e le loro difficoltà; la regia di Russo sceglie, o ha disposizione, un materiale tecnico molto ridotto, la fotografia è sporca, oscura, a volte le immagini sfiorano l’invisibile, il contenuto dell’opera sembra entrare nella sua forma, mostrare gli invisibili del mondo vuol dire anche rinunciare a tanti aspetti delle possibilità visive che il cinema offre(?).
Nel film vengono racchiuse varie anime di La Paz, oltre alle difficoltà dei protagonisti. Difatti vi preannuncio, senza svelare troppo, la presenza di un giovane che cerca di vivere con i lavori che trova, tra cui anche quello di minatore (vedrete in particolare un’immagine importante e ripetuta che riguarda questi minatori che si muovono verso la miniera) e che si ammala progressivamente (Molto probabilmente si tratta del covid, il film è del 2021); incontriamo poi una sorta di sciamano, che ci mostra il lato più esoterico e mistico della città, che apre alla parte visionaria del film.
A spezzare la tensione drammatica ci sono scene di genuina felicità, che nasce dal ballo, dal ritmo, con anche un’immagine solarizzata che tende a questo misticismo sciamanico e laico.
Questi momenti che sembrano uscire dalla “finzione” ci donano una grande forza, le immagini sono anche più nitide, più lucenti rispetto al resto del film.
(Avendo ripensato a questo film qualche giorno dopo l’uscita di “Marcia su Roma” di Mark Cousins, mi è venuto spontaneo pensare alle sue scene di ballo, o meglio a quelle scene prese dal cinema italiano in risposta al fascismo, come per esempio quella magifica che chiude Salò di Pasolini)
Ma dov’è “El gran Movimento”? Il movimento è quello della mdp di Russo che esplora la città, pur con i suoi limiti, che la mostra attraverso questi personaggi, posti ai margini di un mondo che è già così lontano dall’occidente, così a margine del mondo che conosciamo.
La città che vediamo attraverso il film ci appare come un’entità che sembra essere rimasta indietro di cinquant’anni rispetto alla modernità.
E poi c’è il movimento dei minatori, di chi protesta (ad inizio del film), di chi si muove nei mercati della città; c’è il movimento delle persone di La Paz; e vi consiglio di concentrarvi nel finale, quando Russo, con un montaggio serrato, vedrete che sceglierà di sintetizzare i “grandi” movimenti del film, dei suoi personaggi, in tre minuti dall’impatto visivo importante.
Russo è partito da aspetti documentaristici, ha incontrato figure realmente adiacenti ai personaggi, e questo dà al film un tono realistico di grande dolorosità, ma sono i momenti visionari, epifanici direi, che connotano il film di una visione anomala, anche in all’interno di un festival come quello di Venezia.
Questi sono alcuni degli aspetti de “El gran movimento” da cui poter partire per riflettere su un film complesso e stratificato; il film, nonostante la sua visione al limite del visibile e le sue scelte non sempre “facili”, riesce a mostrarci una parte del mondo così distante. Lo fa certamente, come accennato, attraverso i suoi personaggi ma anche con un’idea di cinema ben preciso, che si può accogliere o negare.

 

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