Perfect days (2023) di Wim Wenders

Di Michela Califano

Komorebi è un termine Giapponese che significa ‘’ luce del giorno che filtra attraverso le foglie degli alberi ’’, il termine rappresenta un intenso sentimento di quiete dal clamore della vita quotidiana, esattamente quello che ci viene catturato in fotogrammi all’interno dell’ultima pellicola del maestro Wim Wenders, un film meditativo che merita di essere vissuto e visto all’interno delle sale Cinematografiche.

Presentato in concorso alla settantaseiesima edizione del Festival di Cannes, Perfect Days narra parte della vita quotidiana di Hirayama e del suo modesto lavoro come “toilettatore”  dei bagni pubblici di Tokyo. Il maestro Wim Wenders, sin dai primi fotogrammi e con accanto il direttore della fotografia Franz Lustig, non è mai eclatante ma perfettamente minimalista nel mettere in luce la semplice canonicità di una routine lavorativa sino al suo fine di giornata e così via per tutta la settimana. Il dettaglio minuto che fa l’eccezione da questa cadenzale ripetitività non è tanto cosa ci viene mostrato ma come: dalla sveglia naturale data dal rumore di una scopa che si infrange sull’asfalto, al sistemare il futon allo stesso posto come ogni mattina, dall’innaffiare le piccole piante sino all’indossare la divisa lavorativa di un blu intenso ed infine uscire fuori casa prima dell’alba con in tasca un cellulare, l’indimenticabile macchinetta analogica nera e qualche spicciolo per un caffè preso ogni mattina al distributore automatico sotto casa. Tutto il Film, come appena citato, è un eterno ripetersi di azioni in cui Hirayama, esattamente in quel come, riesce a trovare il bello in un eterno tempo che a tratti sfiora il limite della monotonia ma questo è per lui un’ avventura e sta tutto  a come decidi di vederla e viverla partendo anche da un semplice gesto banale, come quello di alzare gli occhi al cielo al chiudersi della porta di casa, fare un gran respiro e sorridere nonostante tutto prima dell’avvio della giornata.

La colonna sonora è la vita, l’andamento di tutto l’intero Film; essa non è eterea ma viva perché si modifica e trasla attraverso differenti videocassette musicali che lo stesso protagonista Hirayama, all’interno del suo furgone blu, cambierà durante il viaggio nella metropoli Giapponese che inizia a prendere vita e lungo il resto della pellicola: da Lou Reed ai Rolling Stones, da Otis Redding ai The Animals per poi giungere Nina Simone e tanti altri artisti ancora; tutti i brani a modo loro segnano il viaggio intimo ed indiretto del nostro protagonista, del suo tormentoso passato mai direttamente citato ma visto per stralci, sino alla sua totale accettazione di ciò che rappresenta e di ciò che l’ha portato ad essere nel suo presente.

Perfect Days rappresenta dunque il termine Komorebi e Hirayama cerca di catturarne con lo sguardo o con la macchinetta fotografica ogni singolo stralcio che possa regalare questo sentimento di quiete. Qualcuno direbbe se questa possa essere ritenuta felicità; quella di lavarsi ogni giorno ai bagni pubblici del paese e sorride di cuore, prendere la bicicletta nel giorno libero ed andare a comprare un libro da leggere durante la settimana, mangiare ogni giorno negli stessi posti ed essere travolto dagli accadimenti di giornata accanto a persone accidentali del presente o dell’ intimo passato ma tutto questo sempre con silenzioso e pacifico sorriso, anche se delle volte amaro ma pur sempre di accettazione interiore di ciò che si è perchè non è tanto felicità, quanto il saper apprezzare la vita, qualunque essa sia ed in qualunque modo ci viene regalata che rende qualsiasi azione di Hirayama un qualcosa di inspiegabilmente bello.

Perfect Days è dunque questo, il semplice vivere il quotidiano, il prendersi ed accogliere con grande sorriso ciò che si è e ciò che si ha prendendosene cura ogni giorno nonostante tutto; perché forse non si è mai davvero soli se si è con se stessi in armonia e pace, perché forse i giorni perfetti sono proprio in  quel come tu riesci a trovarne il sole ed il bello anche in un canonico ripetersi del tempo.

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