Serpiente de Mar (1984 )di Amando de Ossorio

Di Jacopo Wassermann

Le visioni al limite di cui abbiamo scritto in queste ultime settimane sono controverse, sofferte, ma non prive di difensori. In molti casi, il loro insuccesso iniziale è maturato in un segno di distinzione: è certamente il caso di The Keep, The Exorcist II: Heretic e, in misura minore (specialmente al di fuori della sfera nostrana), Conquest. Ahimè, non si può dire lo stesso di Serpiente de Mar, opera ultima del regista galiziano Amando de Ossorio.

Il cinema galiziano costituisce una specie di categoria a sé nel circuito dei festival contemporaneo: un incrocio indefinibile fra il documentario, l’etnografia, il fantastico e il surreale. Fantastico e surreale lo è anche de Ossorio, ma in termini piuttosto diversi dall’art house dei giorni nostri. Fra i patiti del cinema di genere, vi è chi lo considera un Maestro. Sarebbe più corretto definirlo un maestro frustrato: dai limiti di produzione, senza dubbio, ma anche (bisogna dirlo) da quelli della sua visione creativa. Ciò non toglie che i suoi film siano ricchi di immagini ispirate e di un senso d’atmosfera invidiabile, come dimostrato dalla popolarità de La Noche del Terror Ciego e suoi vari seguiti.

Serpiente de Mar costituisce una delle propaggini del morente modello di coproduzione europeo-statunitense già responsabile per Conquest. Allo stesso tempo, rispetta l’ossessione dell’epoca per l’eredità culturale degli anni 50, riflesso conservatore atto a livellare una società ormai incompatibile con i progetti di contestazione degli anni 60 e i “brutti trip” dei 70.

Laddove Fulci obbligava le mode del momento a servire la sua visione di cinema (una delle ragioni per cui il film è stato parzialmente rivalutato a posteriori), de Ossorio sembra soddisfatto con la formula di riferimento: in questo caso, l’incrocio fra fantascienza atomica e monster movie in stile The Phantom from 10.000 Leagues, Them! e The Blob. Non a caso, fra la fine degli anni 70 e durante tutti gli 80, abbondarono remake e pastiche di questo stesso genere: basti pensare a Invasion of the Body Snatchers, The Thing, The Fly, The Blob e Killer Klowns from Outer Space, fra molti altri. La differenza fra questi titoli e Serpiente de Mar è che de Ossorio non aveva accesso agli effetti speciali della Nuova Hollywood, e di conseguenza dovette gestire il mostro marino con estrema parsimonia di inquadrature.

La struttura delle scene di morte è quasi sempre la stessa: campo largo del serpente che si avvicina fluttuando sulla superficie dell’acqua; campo medio del malcapitato di turno che si accorge troppo tardi del suo arrivo; campo largo con la vittima sulla sinistra dell’inquadratura e il serpente in posizione eretta sulla destra, enfatizzando la differenza di scala; primo piano del serpente che abbassa la testa verso la vittima; primo piano della vittima che scompare sotto la testa del serpente; primo piano della testa del serpente, nuovamente eretta, con la vittima fra le fauci; telecamera a mano, dal basso, mentre la vittima viene inghiottita; campo largo del serpente che si allontana nella direzione da cui era venuto. La ripetizione pedissequa di inquadrature e ritmo di montaggio diventa una fonte di umorismo involontario, nonostante il découpage possegga una certa ammirevole chiarezza molto fedele ai canoni della Hollywood tardo-classica.

Il regista conserva un senso dell’umorismo macabro che dona al film una propria identità. Per esempio: uno dei pochi sopravvissuti del serpente si trova in mare per trasportare della merce di contrabbando. Dopo l’attacco, viene ricoverato in stato di shock. Per evitare che possa denunciare l’operazione, un compare si infiltra nell’ospedale e lo soffoca con un cuscino. I protagonisti giungono subito dopo per rivolgere qualche domanda al superstite. Essendo stati avvisati dello stato psicologico della vittima, non si rendono conto della vera ragione del suo strano e ostinato mutismo (inutile dire che la rete di contrabbando non sarà mai più menzionata)… Questa e altre buffe trovate di sceneggiatura compensano, in parte, le mancanze a livello di messinscena.

L’insuccesso del film e le difficoltà di lavorazione posero termine alla carriera di de Ossorio. Un infarto sofferto durante le riprese (provocato, a detta sua, da un esaurimento nervoso) gli impedì persino di dirigere le sequenze conclusive. In piena coscienza, non si può dire che si tratti di un capolavoro dimenticato – il picco di de Ossorio è e resterà sempre La Noche del Terror Ciego. Non è nemmeno facile da recuperare: il film è stato editato soltanto in cassetta (e DVD rippato da VHS), al contrario della saga dei templari resuscitati ciechi, che ha avuto diritto a un cofanetto in alta definizione sottotitolato in inglese.

Allora perché guardarlo? Non spetta a me rispondere. Ogni spettatore ha la sue inscrutabili ragioni per esporsi a certe immagini. Per quanto mi riguarda, ho sempre avuto un debole per fallimenti appassionati. Serpiente de Mar, soy yo.

 

P.S. Per i volenterosi, una copia del film doppiata in spagnolo è disponibile (in bassa risoluzione) su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=KzL7S79yZe4

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