Shining Extended Edition (1980) di Stanley Kubrick

Vedere al cinema in uno dei due giorni possibili (21/22 ottobre 2019) l’evento di Shining Extended Edition è stata un’esperienza, senza alcuna retorica, indimenticabile. Come Kubrick, nel dirigere Shining non ha realizzato solo un film di genere horror, ma un film sul genere (come del resto per la fantascienza, il film storico, di guerra…), così ammirare nella sala di un cinema nel 2019 la copia “estesa” del film Shining è un poco come vedere tutte le volte quel film con gli occhi di chi lo ha già visto o lo vedrà in futuro, in un appiattimento della linea temporale. Se poi come è stato, quel pomeriggio di lunedì alle 18,30 la sala era vuota, in realtà non era vero ma appariva lo schermo luminoso come il barman Lloyd agli occhi di Jack Torrance o la sala da ballo gremita di uomini e fantasmi. Nei posti accanto alla poltrona del cinema c’erano quei migliaia di americani che hanno visto la medesima edizione allargata di 144 minuti, con gli stessi colori e pensieri dell’anno 1980. Anche allora Stephen King magari non era contento del film, in una polemica sterile e tediosa alla pari della cittadinanza artistica dei film Marvel. Forse perché non capiva che inseriti nel film apparivano fondamentali, proprio in quanto intrusi, i fantasmi di Il Giro di Vite di Henry James, vero antecedente letterario di Shining.

A 39 anni di distanza è dunque stato possibile vedere questo vero e proprio classico, come è stato visto nelle sale americane nella sua versione completa di 144 minuti, con quindi 24 minuti di scene inedite rispetto alla successiva edizione europea. In più si è potuto vedere un contenuto speciale di Doctor Sleep, il seguito della storia del bambino Danny Torrance nel suo ritorno all’Overlook Hotel.

Un altro elemento vincente di Shining Extended Editon è la rimasterizzazione in 4K, realizzata usando una nuova scansione del negativo originale in 35mm al Warner Bros Motion Picture Imaging, grazie al lavoro di Steven Spielberg (che ha omaggiato Kubrick nel suo Ready Player One) e Leon Vitali, ex assistente di Stanley Kubrick.

Fortunatamente l’operazione è diversa rispetto alla Director’s Cut di Blade Runner o al recente Final Cut di Apocalypse Now, visto che l’essenza di Shining non cambia, né sono apportate nuove chiavi di lettura del film. Del resto non poteva che essere che così, visto che questa versione di 144 minuti è nata prima di quella consueta dei 119 minuti. In realtà sempre negli Stati Uniti venne distribuito un montaggio da 146 minuti, con in più una scena, successiva all’inquadratura di Jack Torrance morto congelato e precedente al finale della foto in b/n rivelatrice. Questa scena era ambientata in una stanza d’ospedale, dove Wendy e Danny ricevevano la visita di Mr. Stuart Ullman. Il direttore dell’albergo spiegava che le autorità non avevano ritrovato il cadavere di Jack e consegnava a Danny la pallina da tennis trovata vicino alla camera 237. Kubrick stesso tagliò la scena da tutte le copie esistenti del film, arrivando appunto alla versione estesa vista al cinema. A sua volta il regista tagliò alcune sequenza in vista dell’uscita europea, portando così Shining ai 119 minuti, che consideriamo dunque come la sua Director’s Cut.

Una delle emozioni principali è naturalmente quella di fare un confronto tra le due edizioni (faccio un elenco ed invito a non leggere per chi non vuole sapere). Le aggiunte maggiormente degne di nota riguardano i due attori Anne Jackson e Tony Burton: lei interpreta una dottoressa che visita Danny Torrance, svenuto dopo la prima visione nel bagno di casa, svelando in anticipo il passato da alcolista di Jack; lui interpreta Larry Durkin, dal quale Dick Hallorann ottiene il gatto delle nevi per recarsi all’Overlook alla fine del film. Oltre questo, la sequenza dell’aereo è leggermente più lunga; il colloquio di lavoro iniziale è esteso, con Jack che interagisce anche con Bill Watson, l’assistente di Ullman; la presentazione dell’Overlook Hotel quando arriva l’intera famiglia ha in più delle sequenze dedicate al Colorado Lounge, alla Golden Room e all’appartamento dei Torrance. Alcune sequenze esistenti – Jack che batte a macchina, Jack che lancia la palla contro il muro, i coniugi Torrance che fanno colazione – contengono pochi secondi aggiuntivi. È esteso anche il primo incontro tra Jack e il barista Lloyd, con un dialogo sulle donne. Danny guarda più volte la televisione, in un caso sentiamo l’audio di un cartone animato dei Looney Tunes, che si ricollega indirettamente al soprannome del bambino, Doc; inoltre il bambino, con la voce di Tony, comincia a dire “Redrum” e poi risponde alle suppliche della madre con “Danny non c’è più”. C’è la prima apparizione della mazza da baseball con cui Wendy si difenderà contro Jack. Infine, sempre Wendy è al centro di una scena tagliata dalla parte finale, dove entra nella Golden Room e vede un gruppo di scheletri, subito prima del sangue che fuoriesce dall’ascensore.

In sostanza l’emozione nel vedere Shining al cinema dopo quasi 40 anni è diventata commozione quando la mdp di Kubrick seguiva gli spostamenti degli attori, precedendoli o seguendoli a brevissima distanza, o quando si avvicinava lentamente verso il soggetto fermo, per creare maggiore suspence. Nella sala cinematografica sentivo delle vibrazioni accrescersi intorno e dentro di me, alla stregua dell’Overlook Hotel che assorbiva le forze maligne del passato, o così come Flora e Miles, i bambini descritti da Henry James ne Il giro di vite, avevano assorbito le nefandezze non narrate e rese ambigue. I fantasmi di Shining esistono davvero o sono il frutto di ossessioni e allucinazioni? La luccicanza spettrale alberga in noi ogni volta che l’emozione supera la nostra capacità di espressione e di cognizione? Il 21 e 22 ottobre del 2019, solo nel mondo magico di una sala cinematografica, c’è stata una seppur parziale risposta.

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