Matrix Resurrections (The Matrix Resurrections) (2021) di Lana Wachowski

È difficile scrivere di Matrix Resurrections, soprattutto se sei cresciuto e hai amato e, in parte dimenticato, l’originale trilogia ma soprattutto il primo film. In particolare quest’ultimo concretizzava e portava a compimento, come fosse una summa, la filosofia e gli scenari cyber punk, già vitali nella letteratura e nel cinema degli anni ’80.

Matrix è stata una trilogia, che pur tenendo ben a mente le dinamiche del mercato, ha avuto un grande impatto sulla cultura, nel senso ampio del termine, del suo tempo, perlomeno del decennio successivo al capostipite. Tutto quello che è venuto dopo sotto vari aspetti (contenuti, coreografie della lotta, effetti speciali, messaggio politico) ha “rubato” da “Matrix”.

Allora 22 anni dopo l’originale e 18 dopo la conclusione della trilogia ci ritroviamo catapultati nuovamente in quell’universo magico, fluido, violento, così “fottutamente” reale; non siamo mai usciti da Matrix ci dice Neo, ci dice il giovane Morpheus, ci dicono le sorelle  Wachowski.

La storia accumula nella prima parte una miriade di buone idee, a volte va in confusione. C’è il bersaglio dell’industria, i trilioni di sequel-prequel-reboot; c’è la rilettura delle riletture della trilogia; c’è la metamorfosi dei personaggi, lo “spiegone”, direbbe qualcuno, sul come siamo arrivati a vent’anni dopo, sul come Neo ormai prenda solo pillole blu (!!!) nonostante che, come un novello Peter Pan o Dorian Grey, non sia invecchiato di una virgola o quasi.

La trama si ripete a volte nel suo meccanismo di studio dei processi di scrittura, nel suo rielaborare e rielaborare la superfice di Matrix; l’action è di buona fattura ma niente a che vedere con la trilogia o con il cinema successivo ad essa (tra cui i tre film della serie “John Wick”), ma è nella seconda parte che le sorelle, una sola firma la regia (Lana), portano il tutto su un livello successivo.

Fin dall’inizio il film mette in dubbio il fatto che ci siano solo due scelte, pillola blu o rossa; come ci mostra il nuovo mondo che è succeduto a Zion, è un mondo guidato da due donne, dove regna la pace, dove, soprattutto, le macchine si sono alleate, in parte, con gli uomini e collaborano-convivono; primo fattore importante della riscrittura di Matrix e del mondo delle sorelle, la rivoluzione c’è stata effettivamente, le macchine hanno capito di essere schiave, come gli uomini (!) in-e-di Matrix, si sono unite e alleate.

Una realtà sempre più trans, sempre più convergente, ma non solo. Come ci svela il finale così protofemminista, è soprattutto l’amore, la comprensione, l’accettare il diverso (le macchine ecc…) che può portare ad un mondo diverso. La riscrittura di Matrix è completa nel finale, l’amore vince si, l’amore che genera una rivoluzione e non ci si appella a sentimenti buonisti o smielati; non è certo il porgere l’altra guancia che può cambiare la situazione. Le autrici non peccano di presunzione, ma pur in un film così dentro l’industria di Hollywood (che prendono in giro a più riprese), riescono attraverso i personaggi a mostrarci una realtà combattiva, tenace; non é il portare avanti in silenzio i proprio principi progressisti che porterà ad una cambio di Matrix-matrice-del mondo reale, ma è combattendo con le proprie armi che si potrà arrivare ad un’evoluzione, ad un cambiamento.

In questo senso il film riesce dove molti non riescono, dove, spesso, non riesce la “cancel culture”; realtà e finzione, percezione della realtà, siamo ancora al primo Matrix (per fortuna) e la domanda è sempre calzante e le risposte del film non sono univoche, appunto, ma vanno cercate nel progresso, nella necessità di non lasciare nessuno da solo, isolato. E’ in quei pertugi che la matrice lavora, è nell’insofferenza, e nel silenzio di tutti che può portare a compimento, da tutta la storia dell’uomo, il suo piano di manipolazione della realtà, sopprimendo ogni spirito vitale-umano-d ’amore.

E allora giunti alla fine, con una serie di discorsi del villan di turno (un comico) che si capisce quanto questo quarto capitolo, il più meta-cinematografico della serie, sia attualissimo, potente, politico, la degna evoluzione del primo capitolo.

E alla fine, come nel primo, ma in maniera forse più propria ed eloquente, riecheggia in sala un grido, un inno che vale per tutti, che ci sprona giorno per giorno a fare qualcosa a cambiare, variare, lottare con Matrix-l ’oblio dell’indifferenza:

 

WAKE UP!!!!!!!!

 

Precedente Lamberto Maggiorani a Girogirocorto, per non parlar di Gassman, Tatum ‘O Neal, Gloria Stuart, Mastroianni e Verdone. Successivo 2022: i sopravvissuti (Soylent Green) (1973) di Richard Fleischer